Nei bei tempi andati non tutto filava liscio e non tutto era come ce la contano,leggere,anche solo leggere era in gran sospetto e si rischiava di essere dichiarati eretici.Di questa accusa fu sospettato addirittura il Petrarca,perché leggeva correttamente Virgilio,dovette infatti fare ammenda davanti al sommo Pontefice Innocenzo Sesto .Per mantenersi fuori da ogni possibile sospetto nell’undicesimo secolo Ilerbodo Conte di palazzo,quantunque supremo giudice dell’impero,in virtù della carica che ricopriva,non sapeva scrivere il suo nome e,nel quattordicesimo secolo Duguesclin,contestabile di Francia,dico,il più gran uomo di stato,uno dei maggiori personaggi della sua età,non sapeva non solo leggere ma nemmeno scrivere.
“Vincitori”
Va bene,d’accordo hanno vinto tutti (chi più chi meno),hanno vinto proprio tutti,la riduzione dei parlamentari la vedrete con il binocolo,come gli aiuti europei anche se tutti lo negano.Zingaretti giura di aver fatto cose che non ha mai fatto ma solo dette e ridette ,insomma tutti contenti e felici,putroppo hanno quell’aria da “vincitori”,con quelle facce e quell’espressioni minacciose del:”e adesso ve la faccio vedere io”
Vorrei.
Vorrei abbracciare i fantasmi
dei giorni di ieri
assiepati nell’anima
come vespe al nido.
E gli antichi volti,
quelli dimenticati nel nulla
che oggi mi morde,
aggrappata all’istante
come selve grigie affondano
nei quotidiani tramonti,
rossi e insistenti
come la mancanza.
E mi chiedo ove sia il senso
dei giorni,
podisti instancabili,
fili ininterrotti verso il mistero.
Nella strada
ove ritroverò la ragione
di ogni respiro che mi fu dato.
Francesca Pierucci
Accademici formaggiai.
Un accademico di Berlino,membro di molte accademie,in una geografia pubblicata nel821,parlando della provincia Lodigiana,dice che li si fabbrica il celebre formaggio detto parmigiano e aggiunge che,questo formaggio si fabbrica con il latte d’asina.
Cure palliative.
Seguo da qualche tempo -NOI DELLE CURE PALLIATIVE- Si trova su Facebook. Vedo scritto il termine INGUARIBILITA’ leggo e capisco che non c’è parola più che appropriata per definire lo stato vicino al fine vita.
INGUARIBILITA’ e’ lo stato clinico derivato dalla progressione di una malattia cronico- degenerativa per la quale ogni terapia farmacologica, chirurgica od ogni altro intervento non è più in grado di modificare positivamente lo stato e l’evoluzione della patologia stessa che condurrà, in tempi non sempre prevedibili, verso una morte prevista.
La cultura del curare sino alla fine c’è poco; ancor meno questa definizione che non è altro che la verità nella malattie degenerate.
Il Ministro della Sanità di questa parola se ne dovrebbe fare carico ed espandere tra le persone come cultura del fine vita e garantire con qualche legge adeguata la dignità della persona.
Teresa Campagna.
Referendum.
Ed ecco Di Maio intestarsi la vittoria dei si al referendum per la riduzione dei parlamentari ma,se c’e un gruppo di rappresentanti che non rappresenta più l’espressione del territorio sono proprio quelli dei cinque stelle ,quindi DI Maio farebbe bene a tagliare il ramo su cui è seduto.
Osley.
Sempre si loda l’uomo di mondo quello che rapisce la condiscendenza del prossimo lusingandolo,parlando del suo bel portamento,del suo colorito e della sua gradevolezza e lo si cita,o viene citato ad esempio e modello.Questa,per la verità è un “arte”antica e deve suscitare e suscita sempre sospetto in chi la pratica infatti ricorda quell’accattone Osley che fece fortuna in Londra quando era ancora permesso mendicare .Egli,mettendosi all’angolo di facoltosi quartieri ben frequentati quando vedeva giungere donne eleganti,cercava l’elemosina e ,se queste gliela ricusavano :”madama” diceva “in nome di questi begli occhi neri” ad un altra :”in nome delle sue belle rosse labbra o del suo portamento,del suo bel cappello,delle sue gambe divine ,del suo portamento da regina”.Osley così si riempiva le tasche ,come generalmente hanno tasche ingorde e profonde i valletti di prospera fortuna,per dirla con Epicuro.
Si,no.
si,no,no,si,ultimi scampoli di finestre sul referendum,c’e chi usa la finestra del privilegio RAI,chi il ritaglio FB,chi tampina il vicino,il conoscente,chi ti interroga per sapere se la pensi come lui,insomma tutti affaccendati nel mostrarsi,imporsi,consigliare,consigliarti,sapere conoscere,condividere si,sapere,vallo a sapere come finirà questa storia,qualsiasi sia il risultato anche se vinceranno i si,basterà una postilla,una correzione,una pezza parlamentare per aggiustare tutto e mettere le cose a posto,nel modo e per l’uso che ne vorranno fare i signori “legislatori”.
Notule di legge.
Cogne,la Franzoni,fra l’altro una mia bisnonna,una delle mie bisnonne per la precisione si chiamava Franzoni ed era dalle parti di Parma,ebbene la tragedia di Cogne, colpevole innocente,l’assassino venuto da fuori era in casa,una madre in piena crisi di identità,un marito fedele e comprensivo,una famiglia distrutta e ricomposta,colpevolisti e innocentisti si alternavano come luce e ombra,dibattiti a non finire,l’avvocato che impugnava arringava,difendeva,puntualizzava.Insomma il classico drammone pieno di sentimenti lacrime e dolore ma ,sopratutto,sopratutto un piccolo morto,il figlio della Franzoni.Passati gli anni finchè il tempo come a Pasqua presenta una sorpresa, la sorpresa a piè di notula che l’avvocato della Franzoni presenta alla famiglia sequestrandogli la casa in pagamento delle sue prestazioni,insomma vale un detto dell’oltre Pò pavese:”mei un rat in buca a un gatt che in cristian in man a un avucat-meglio un topo in bocca ad un gatto che un cristiano in bocca ad un avvocato”.Il tutto nel dialetto della sponda lombarda che qui perde tutto,purtroppo ,il suo sapore ma taglia ancora e fa male ,come un rasoio affilato.
Le perle nere di Kella.
Francesca da Polenta era figlia di Guido Minore Signore di Ravenna e Cervia e lì viveva tranquilla e serena la sua fanciullezza, sperando che il padre le trovasse uno sposo gradevole e gentile.
Siamo nel 1275 e Guido da Polenta decise di dare la mano di sua figlia a Giovanni Malatesta (detto Giovanni zoppo) e il matrimonio fu combinato. Fu detto a Guido: “-…voi avete male accompagnato questa vostra figliuola, ella è bella e di grande anima, ella non starà contenta di Giangiotto… “
Per evitare il possibile rifiuto da parte della giovane Francesca i potenti signori di Rimini e Ravenna tramarono l’inganno. Mandarono a Ravenna Paolo il Bello “piacevole uomo e costumato molto” fratello di Giangiorro. Francesca come l’ebbe visto se ne innamorò, accettò con gioia di sposarlo ed il giorno delle nozze pronunciò felice il suo “sì” senza sapere che Paolo la sposava “artificiosamente” per procura ossia a nome e per conto del fratello Giangiotto. “…non s’avvide prima dell’inganno, che essa vide la mattina seguente al dì delle nozze levare da lato a sè Giangiotto…” Pensate alla sua disperazione!
Ma dovette rassegnarsi, ebbe una figlia e cercava di allietare come poteva le sue tristi giornate. Paolo, che aveva possedimenti nei pressi di Gradara, sovente faceva visita alla cognata e forse si rammaricava di essersi prestato all’inganno!
Uno dei fratelli, Malatestino dell’Occhio, così chiamato perché aveva un occhio solo “ma da quell’uno vedeva fin troppo bene”, spiando, s’accorse degli incontri segreti tra Paolo e Francesca.
Ed eccoci all’epilogo della nostra storia: un giorno del settembre 1289, Paolo passò per una delle sue solite visite e qualcuno (forse Malatestino “quel traditor”) avvisò Giangiotto.
Quest’ultimo che ogni mattina partiva per Pesaro per far ritorno a tarda sera, finse di partire ma rientrò da un passaggio segreto e… mentre gli amanti leggevano estasiati la storia di Lancillotto e Ginevra, “come amor li strinse” si diedero un casto bacio, Giangiotto aprì la porta e li sorprese. Accecato dalla gelosia estrasse la spada, e mentre stava per passare a fil di spada Paolo il Bello, Francesca gli si parò dinnanzi per salvarlo ma… Giangiotto li finì entrambi.
Dante mette gli sventurati amanti all’inferno perché macchiati di un peccato gravissimo, ma li fa vagare assieme: oltre la pena, che non abbiano anche quella della solitudine eterna. “…io venni men così com’io morisse; e caddi come corpo morto cade”.
Kella Tribi