Il Papa ha detto che,lo stato deve dare una figura giuridica agli omosssuali e con questo li ha accettati anche come figli di Dio.Il fatto è che qualcuno aspetta un suo ulteriore chiarimento su chiesa e omosessualità, il che pare tardi a venire o non avvenga o non sia ancora avvenuto anche se molti conchiudono che questa è una normalizzazione belle e buona nei confronti dei gay da parte del sommo pontefice e non abbisogna di aggiunta alcuna.
Epistole I,10.24
Sant’Agostino di Ippona dice che l’omosessualità non è funzionale agli organi che Dio ci ha dato,comunque era ben tollerata in antico specialmente in Babilonia e Canaan,mentre al tempo di Costantino era considerata una minaccia e si privilegiava la famiglia.Insomma Papa Francesco ha piantato un bello scompiglio nella sua chiesa,scompiglio che ha ringalluzzito i non credenti e disorientato i suoi credenti che hanno creduto fino a ieri nei dettami della loro religione per salire in Paradiso,religione che condannava aspramente (anche se praticava in molti casi) l’omosessualità.Papa Francesco da buon Gesuita ha messo le cose a posto senza tentennamenti e senza tante fisime morali in nome e per conto dell’Amore:tutti sono figli di Dio ,e qui vorrei fermarmi, essendo l’argomento di ordine morale religioso troppo impegnativo.Che poi ,le mie convinzioni personali,religiose o morali valgono per quel che valgono,quasi sempre un fico secco ma, la mia coscienza sta benone anche così.Comunque Sua Santità forse si è arreso all’evidenza scritta anche nell’Epistole:pui cacciare via la natura col forcone,quella continerà a presentarsi che ,per i maniaci delle citazioni recitava così:Natura expelles furca,tamen usuque recurrent.E per gli scontenti pazienza, portino pazienza ,tanta pazienza,dovranno,se vivranno a lungo aspettare un nuovo Papa anche lui fornitoci dalla Provvidenza che non sempre però in virtù e per sua virtù disfa quello che l’altro fa ma, consolandosi intanto nel ricordo che, il primo,il primo uomo ad antrare in paradiso fu un ladro mica un santo,un ladro dico,quello che fu Crocifisso con Nostro Signore Gesù Cristo e così sia,amen.
Le perle nere di Kella.
Quello di via San Gregorio a Milano è uno dei crimini più feroci che la cronaca nera d’Italia abbia mai affrontato. È la mattina del 30 novembre 1946. A Milano, in via San Gregorio, a pochi passi dal vecchio Lazzaretto di manzoniana memoria, una donna sale le scale di un palazzo al numero 40.
La donna si chiama Pina Somaschini, è la commessa del negozio di stoffe del padrone di casa e si sta recando dal suo datore di lavoro, il signor Giuseppe Ricciardi. Giunta sul pianerottolo, vede la porta dell’appartamento socchiusa. Entra e quel che si presenta sotto i suoi occhi è uno scenario che non dimenticherà mai più: a terra giacciono 4 corpi ricoperti di sangue
Identificare i corpi non è difficile: sono Franca Pappalardo, 40 anni, moglie di Giuseppe Ricciardi, detto Pippo, e i suoi tre figlioletti: Giovannino di 7 anni, Giuseppina di 5 anni e Antoniuccio di appena dieci mesi.
I sospetti ricadono subito su Caterina Fort, detta Rina, l’amante del signor Pippo. Rina. E’ un donna non bella, ma dal grande fascino e dall’aspetto triste e malinconico.
Rina incontra per caso Ricciardi, è un uomo elegante, dai modi gentili e Rina finisce per innamorarsene perdutamente. Tra i due inizia una relazione, Pippo Ricciardi le nasconde che ha moglie e figli che vivono in Sicilia
Ma “il diavolo fa le pentole e non i coperchi”. Nel mese di ottobre del 1946 alla moglie Franca Pappalardo giungono voci di paesani immigrati a Milano, circa l’infedeltà del marito.
Così parte insieme ai tre figli e va nel negozio del marito. Al bancone c’è una donna dai capelli scuri e dallo sguardo malinconico. Le due donne si fissano e in un istante capiscono. Il rapporto tra Rina e Pippo si rompe, l’uomo si ricongiunge alla sua famiglia
Ma Rina, l’amante, non si rassegna. La sera del 29 novembre 1946 si reca da Franca, sapendo dell’assenza del maritole. Franca le ribadisce di non cercare più suo marito, il loro filarino è finito. A questo punto Rina Fort accecata dalla gelosia, vede una spranga di ferro e inizia a colpire, prima la signora Franca, poi i tre piccoli figli facendo una strage e fugge.
Individuata e bloccata il giorno seguente confessa di essere stata in quella casa quella, ma di non commesso nessun omicidio. Per la giustizia italiana è Rina Fort l’unica colpevole, e passerà alla storia come la belva di via San Gregorio.
La donna sarà conndannata all’ergastolo e passerà dietro le sbarre 29 anni; nel 1975 il Presidente della Repubblica Giovanni Leone le concede magnanimamente la grazia.
La Fort, ritrova la libertà, e va a vivere a Firenze, in casa di una famiglia che le dà ospitalità.
Muore per un infarto il 2 marzo 1988.
Kella Tribi
Il dolce frutto dell’ipocrisia.
E’ vero,vero tutti si appellano alle competenze,largo ai migliori,largo,non c’è telegiornale stampa o educatore che l’invocano e lo pretendono,a parole però,a parole,quando poi non si preferisce l’amico il sodale,il ricco,la moglie,il cognato,il figlio del figlio,il raccomandato,lo sciocco,l’utile,il servo,infatti un servo è ambito da tutti,anche dal più intelligenti essendo un tratto ancestrale legato alla nostra animalità a quell’essere decisamente quasi sempre dei semplici egoisti animali , con questo non intendo offendere il regno animale,visto che l’uomo ha un istintualità-animale modificata da una pseudo educazione e prima di divorare qualcuno individua tutte le strade traverse che il suo infiacchito-pervertito istinto gli da, anche se desidera,desidera ardentemente con tutto il cuore di non farsi mancare nulla,nulla nella sua tecnologica contemporanea caverna.Ebbene, sarebbe ora di piantarla con questo immaginifico,ipocrita concetto delle compentenze al lavoro e al potere,d’altronde lo stato,l’Italia lo prova, se il paese è quello che è ,lo è grazie alle disgraziate incompetenze che ci governano da sempre.Infatti chi s’illude che spirito e intelligenza siano un mezzo per rendersi bene accetti in società,dimostra di avere molta strada da percorrere…Quelle qualità al contrario suscitano nella stragrande maggioranza un astio e un risentimento tanto più aspri in quanto chi li prova non è tenuto a dichiarne i motivi,anzi li nasconde a sè stesso.Ciò detto, con questa bella coda che non so dove ho letto ,vi lascio al gioco dell’ipocrisia.
Monumento in piega funebre.
Bonito Oliva ,al tempo del socialismo imperante e sulla scia del “retinico-olfattivo” di Duchamp nato nel 1887, si inventò anche lui un movimento:la transavanguardia,una specie di futurismo con riferimenti ad un fascismo fiacco,dove tutto il rappresentato si ammolliva e deformava in una speciale di impotente giovinezza e finta verginità.Già allora quel momvimento faceva anche schifo di suo ma,ma la cosa era politica e con il socialismo itoccabile e imperante il “movimento” ammuffì glorioso in tutte le parti del mondo,tanto che oggi non gode più quel passo da garibaldino che gli aveva impresso il partito socialista e ,si aggira fiacco nelle aste ,defilato e non richiesto fra l’altro è scomparso anche il suo fondatore Bonito Oliva,scomparso dalla scena s’intende.Paladino ne era un componente,Paladino, napoletano come Bonito Oliva ,ora, si vede che quelli della Fondazione si avvalgono di vecchi obsoleti cataloghi per le loro contemporanee “rivoluzioni”, ma, il problema non è questo.Il vero problema è che grazie ad un Presidente della Fondazione ,un Presidente con il sorriso all’insù come un vecchio salvadanaio di terracotta tagliato con il coltello ed un gruppo di esperti si è scelto quel monumento funebre da mettere proprio in Piazza.Mai monumento,o non monumento fu più foriero di lutti di quello,mai monumento funebre da subito spiccò raggelando anche il sangue nelle vene alla sola vista,mai scelta fu più opportuna,mortifera,appropriata azzecata per l’avvento del coronavirus,annunciando lutti e lacrime che verranno,pagando di tasca della Fondazione anche “solo” centocinquantamilaeuro di solo viaggio per quella tomba.Quel non monumento è oramai un affare politico,infatti vi è la sinistra che l’osanna mentre i più moderati rinculano in un non so,mi astengo:non capisco ma condivido.Per fortuna che dopo Natale qualcuno ,qualche pietoso monatto,si porterà via quel coso,ennesima pernacchia etrusco-metafisica nella piazza e forse,forse sarà solo allora il caso di celebrare il “te Deum” per lo scampato pericolo che,la sua dipartita sarà il segnale ad una vera resurrezione.Ora,a memoria e per coloro che annebbiati dalle ideologie morte,agonizzanti,di nicchia come oggi si riscontra fuori dai libri,si vorrebbe qui citare un motto ,ancora un libro,una frase semplice semplice,diretta a, e per questi contemporanei che si sforzano di rappresentare un oggi,un oggi senza futuro senza presente”: se desiderate biografie,allora che non siano quelle col ritornello “Il Signor Taldeitali e il suo tempo”,ma quelle sul cui frontespizio si dovrebbe leggere:”Un lottatore contro il suo tempo”.(Friedrich Nietzsche).
Domande senza risposte dalla Sicilia.
La guerra caro Presidente si deve combattere ad armi pari cosa che non sta avvenendo. Lei dice e decide per gli italiani tutti di chiudere di aprire ma non tiene in considerazione; gli affitti la luce l’acqua etc. che gli italiani affrontano per portare un pezzo di pane a casa oltre i rischi che corrono. Capisce che un semi lockdown mette la Sicilia in ginocchio e gli italiani tutti, tanto vale chiedere di reinventarsi i lavori, lo sport come il calcetto etc. Le persone adulte certo potranno capire ed aderire a queste misure per la salvaguardia alla persona ed alla collettività ma i ragazzi, i bambini come lo capiranno tutto ciò dato che si stanno appena affacciando alla vita. Provi lei via tv a rivolgersi a loro, facendo capire i reali problemi di oggi nel mondo; perché caro Presidente i ragazzi i bambini spesso anche se sono seguiti benissimo dai genitori non capiscono il pericolo di vita.
A prescindere che anche nelle scuole non solo per i portatori di handicap ma anche per i normodotati ci vorrebbero insegnanti di supporto e sostegno tipo pedagogisti o psicologi in questo periodo storico difficile, perché con tutte queste misure ed emergenze una maestra o un insegnante qualsiasi come fa’?
Rifletta da ora in poi di più un consiglio da cittadina e siciliana.
Teresa Campagna.
Tempestosa pandemia.
Effettivamente questo governo ha fatto pochino per una seconda ondata a cui se ne augura una terza,tanto che,onda su onda per dirla cantando chissà dove si arriverà,Conte,Paolo Conte,mica l’avvocato al governo (che poi è un avvocato anche il cantante),dice che il naufragio gli ha dato la felicità,che poi è anche quella del :naufragar m’è dolce in questo mare leopardiano a cui chiediamo scusa per l’accostamento anche se oggi ogni frignaccia viene messa a confronto o in dialogo come dicono questi imbecilli al potere con il monumentale che è un modo di spernacchiar la vita come un altro,avanzando per regressione di pernacchia in pernacchia verso la rivoluzione (sic).Ma torniamo al tema,in effetti questo governo non ha pensato alle onde successive del mare in tempesta del virus ed è stato con le mani in mano o la lingua in bocca per quel che concerne un qualsiasi provvedimento limitandosi a colpevizzare i cittadini un giorno si ed uno no.Pessimo governo dunque che, come ciurma all’arembaggio dopo l’ammutinamento virtuale provoca danni un poco a tutti anche come pedagogo,infatti, l’umiliazione che ci viene dagli altri(loro) è un oltraggio:quella che sorge dal fondo del nostro animo,è una lezione.
Portate la mascherina.
E’ vero ,gli italiani tutti nella passata clausura per il coronavirus sono stati buoni, corretti ubbidienti,buoni corretti e ubbidienti nonostante l’incremento vertiginoso di divorzi delitti ed esaurimenti nervosi,è vero ,tutto ha funzionato agli ordini dell’igene e del potere,ma ora non esagerate,ricordate che parlate a degli esseri buoni che immeritatamente subiscono anche le vostre confuse direttive che qualche volta raggiungono punte di piccoli dittatori al potere con limitazione drastiche al grido di:per il bene di tutti.Infatti,”per il bene di tutti” era poi quasi sempre il motto di molti sciagurati esaltati assetati di potere del passato,un passato che ancora qui chiazza e sparge le sue grossolane mefitiche nefandezze.Mettiamoci la mascherina ,d’accordo,stiamo attenti non strusciandoci proprio con tutti e,attenti,attenti ai nonni che di solito son vecchi,lo testimonia l’unica morta dei giorni passati,morta di coronavirus s’intende a novanta cinque anni,quando a quell’età,a quell’età morire non è poi così male,anche se di coronavirus.Sappiate,ascoltate,voi del lupo al lupo che dite cose vere,anzi verissime non vorrei essere frainteso ma,ma non solo molti non vi ascoltano e nemmeno purtroppo vi leggono quidi,tutto il vostro vociare ed invocare rimane lettera morta,morta perchè l’umanità tutta è così fatta e non è sempre ubbidiente come ai primi tempi della pandemia che, se poi ,se poi ,con tono tragico,aggiungete che in quel giorno,in quel triste giorno, l’unica morta aveva ben novatacinque anni,che dire ,c’è anche chi sopra ci ride.
Sviluppo antologico.
All’Ombra delle attuali scelte culturali, sociali, di pensiero tutelante e di sensibilizzazione riguardo a temi connessi alla violenza di genere, ai conflitti di coppia, familiari, sociali, così come in ambito lavorativo ed istituzionale, che hanno sicuramente favorito la messa in atto, la valorizzazione ed il potenziamento di comportamenti di self-protection, di programmi e campagne di prevenzione, primaria e secondaria a più livelli, di interventi efficaci nei contesti più differenti, pare costellarsi una certa cultura della diffidenza, dell’incistamento relazionale paranoide proprio del Fondamentalismo psichico, del rifiuto deresponsabilizzante di ogni “sacrificio” insito nell’Incontro con l’Altro da me, quali espressione fenomenologica attuale di quello che sembra un autentico attacco ai Legami. “Legame” che se spogliato dalla connotazione di “legaccio”, “vincolo”, per divenire “sentimento dell’appartenenza”, “reciprocitá”, “Incontro autentico” tra l’Io e l’Altro, risulta essere ancora uno dei piú potenti fattori terapeutici a cui dover/poter fare riferimento.
Si coniano, si delieano e si insinuano nell’immaginario collettivo, soprattutto femminile, nuove forme personologiche da parte di autori afferenti spesso a discipline vicine alle correnti New Age, con definizioni prese a prestito spesso dalla psicologia di personalità e dalla psicopatologia, e riutilizzate in maniera distorta ed originale, per connotare in maniera quasi morale e fortemente giudicante, individui considerati fonte unica ed estrema di sofferenza, odio, esaurimento emotivo ed affettivo, da cui doversi proteggere, fuggire ad ogni costo e con ogni mezzo, “togliendosi” in tal modo dal ruolo di Altro relazionale, di Tu o nodo ulteriore delle possibili dinamiche che hanno potuto generare rotture, crisi e misfatti. Neanche certa psicologia riduttiva e spicciola è immune dal diffondere una connotazione pregiudizievolmente criminologica dell’esperienza psicopatologica o delle relazioni interpersonali, insinuando attraverso slogan e articoli vari, il rischio sottostante all’incontro con l’Altro, da cui bisogna proteggersi anzitempo, quasi in maniera ossessivamente preventiva.
È il tempo dei “Vampiri energetici”, del “Narciso patologico non diagnosticato”, del “Narcisista maligno”, del “Manipolatore seriale” e della “Vittima sacrificale”, dell'”Empatico”, del “Dipendente affettivo”, che come in un pericoloso gioco di ruolo interno, tra parti maschili e femminili, non necessariamente collegati all’essere uomo e donna reali, stanno contribuendo a diffondere una certa cultura della diffidenza, del dubbio che l’Altro possa distruggermi e annientarmi, che l’Altro possa usarmi per i propri fini meschini, che l’Altro possa vivere delle mie disponibilità affettive, condannando in maniera sempre più evidenza l’Io ed il Tu a quelle che Leo Buscaglia chiamava scherzosamente “nevrosi d’ascensore”: occhi bassi ed impossibilità dell’Incontro. Una becera e fantastica tassonomia, di fronte a cui lo stesso medicale DSM5 rabbrividisce; una becera tassonomia diagnostica, che riduce in maniera vergognosa l’intera gamma delle complessitá dei modi di essere nel mondo ed in relazione con l’Altro da sé, che gli stessi promotori di tale cultura, per altre vie, incoerentemente attaccano con enfasi puntuale.
Credo profondamente che alla base di tale fenomenologia diffusa, che si allontana ed esula dalle reali situazioni di violenza di genere, dalle situazioni di incuria familiare o di mobbing all’interno delle organizzazioni del lavoro, e così via all’interno di ogni rapporto fallimentare o distruttivo, che pur esistono e per cui è necessario continuare a produrre pensiero e tutela, si nasconda in Ombra la mancata disponilità personale al “sacrificio” così come inteso da Jung, quale necessaria perdita di parti di sé antiche o inflazionate della personalità, per rendersi “materia” trattabile e trasformabile quale inevitabile esito dell’Incontro autentico con l’Altro da sé.
Sulla scorta delle intuizioni baumaniane circa la “liquidità dei legami” attuali, credo che il rischio che la comunità corra, così come lo Spirito del tempo sembra oramai costellare, abbia a che vedere con la cristallizzazione di separazioni e scissioni interne tra istanze psichiche che non riescono più a dialogare e ad essere integrate nella coscienza individuale, probabilmente quote d’Ombra collettiva legati ad aspetti del femminile e del maschile, che ora prendono il nome di “Vampiro”, “Narciso” o nuove “Andromeda” incatenate.
Nell’andar per gruppi, nel tentativo di poter diffondere una controcultura dell’Incontro fondato sul sentimento della reciprocità, caro a Moreno, a garanzia della possibilità del “Legame”, quale unico fattore terapeutico nell’incertezza di questi tempi indefiniti, tali dinamiche interne che poi si esprimono esternamente nelle relazioni reali secondo le fenomenologie sopra accennate, non necessariamente tra uomo e donna ma tra due esseri umani in generale, risultano più che evidenti.
Saper connettere internamente e favorire il dialogo costante tra istanze interiori discordanti, sembra essere attualmente una delle possibili vie affinché Vampiri e Narcisi ed Andromeda, tornino al mito. Affinché da una Cultura dell’Attacco ai Legami – frutto delle fenomenologie del fondamentalismo psichico – intesi quali legacci o vincoli da cui rifuggire, si torni ad una Cultura dell’Incontro e della reciprocità dell’Io con il Tu, unica via verso la strada per un sano sviluppo ontologico.
Francesca Pierucci
Specchiarsi
Tutti vorrebbero,vorrebbero anche se non è possibile imporre la propria opinione,e non c’è cristiano o mussulmano o idolatra ateo che non ami sentirsi approvato,condiviso,capito.Questo non è possibile ,si sa tuttavia,tuttavia tutti,ma proprio tutti ambiscono a questo risutato e a questa chimera e,se contraddetti non lo danno a vedere mentre rosicano,rosicano in cuor loro il lor io,io, che per loro è un perfetto giudice nonchè giusto e imparziale legislatore.Conviene a volte,a molti conviene , per convenienza, ma non per convizione che qualcuno si metta a scimmiottare e riverire il potente di turno,la vita e la storia ce lo hanno insegnato anche se non da tutti imparato e messo in pratica.Piace ricordare il cortigiano Clisofono come esempio del come l’essere adagiati sulla volontà e alla volontà dei signori di turno riveli un carattere quando, al tempo di Filippo di Macedonia questi divenne guercio,Clisofo allora usciva di casa con un empiastro sull’occhio e ,si traeva dietro una gamba allorchè il Re zoppicava per una ferita.A questo punto diventa davvero difficile decidere se fu per sola piaggeria che il cortigiano Clisofono zoppicasse o si facesse guercio,bisognerebbe chiederlo o domandarlo a chi ancor oggi si dice,pur servo “libero” ,senza zoppicare e farsi guercio ma,tuttavia da specchio fa a colui che ammira e brama,brama con tutto il cuore senza convinzione zoppicando specchiarsi.