Che l’Antonello da Messina a Palazzo Galli sia la risposta giusta, direi perfetta oggi,oggi anche per l’uomo d’oggi è un occasione da non perdere,non perdere sopratutto come riflessione , qui spirito religioso che la materia del pittore esprime.Infatti ,l’arte ,quel tranquillo e poderoso procedere che fa la pennelata di Antonello non lascia traccia,non colpo o scia di pennello la riga ,la muove la scalfisce sulla tavoletta nel suo procere impertubabile e vigoroso.Il dolore la lacrima,la smorfia di Cristo,del cristo,come ovattate intime espressioni,quasi modellate intessute, da splendida muta materia non parlano ma sentono,sentono come se l’arte e la materia si facessero vita, potente creatrice d’immagini,immagini non solo con un dentro ma anche con un fuori.Mute, ma, profondamente affascinanti ed evocative,senza risposte alla moda ,essendo espressione dell’arte monumentale che segna,batte e determina e trasforma anche il tempo , non lo subisce.Arte monumentale dunque,arte monumentale quella che oggi si schiva ,che l’uomo schiva e schiaccia nel cinismo e nell’ironia,quella che ,giovani nati vecchi senza più vita studiano e studiano,e parlano parlano ,senza sapere che fare di tutto quel che studiano e studiano ,sopratutto di quel che parlano.Quelli del tutto è già stato fatto,quelli nati vecchi appunto,nati con i capelli bianchi, senza vita,ma, sopratutto,quelli schiacciati dalla storia monumentale ,storia che lavora non per l’oggi ,ma sempre per il domani e che non è frutto del suo tempo ,non quella del “signor Taldeitali(per interdeci) e il suo tempo”,ma quella sul cui frotespizio si dovrebbe leggere:”un lottatore contro il suo tempo”(Nietzsche),quello che poi è il compito della sempre viva arte monumentale , questa, di Antonello da Messina,dove la materia si esalta e si trasforma e si traduce in infinita bellezza,senza nemmeno una riga,senza nemmeno la più piccola scalfittura nella pittura ad olio che ,nel suo spessore, sa farsi sangue e carne e vita e sofferenza,in un dilagare dell’io pittorico(inconscio) che ha profonde lontanissimi echi di vita, ed ha radici e fronde sempreverdi perchè l’arte,l’arte, come la storia,quella monumentale , per ricordare ancora Nietzsche:” viene sopportata solo dalle personalità forti,quelle deboli le cancella”.Ottima dunque questa lezione non solo per l’oggi,lezione di vita e d’arte che ci da la Banca di Piacenza a Palazzo Galli.
Arlecchino al tempo del coronavirus.
Mentre Biden un nonno sale sul trono d’America,l’Italia ,dopo tanto pallore riprende colore,il colore d’Arellecchino,colori non tutti corretti, qualcuno dal rosso vivace si fa più smorto,forse non son tutti perfetti, o forse,forse son sbiacchettati dal governo o dalle regioni o dai Governatori stessi.Fra tutti uno,un Governatore ,uno che minacciava sfracelli con lanciafiamme gli smascherati e gli impuniti imprudenti,brandiva multe, costose come due redditi di cittadinaza ad un popolo,il suo,già stremato e che ,giustamento minaccioso ha attenuato le tinte con morbidi colori pastello,comunque finalmente,ecco,finalmente Arlecchino si veste,Arlecchino si desta,si desta e riprende core e colore.
Trump & America.
Si è spento il sorriso agli illusi democratici,italiani e americani quando sono spuntati i primi risultati delle elzioni che,i democratici convinti,più che convinti illusi di mettere in moto una vera e proprio valanga contro Trump si aspettavano il loro inarrestabile trionfo.I nostri giornaloni e,i nostri giornalini,le nostre televisioni private e politiche che si definiscono pubbliche erano giorni che la menavano sul tramonto inarrestabile di Trump,più che altro un insensato desiderio specchio di quello di casa nostra rivelatosi soltanto una chimera.Si è spento il sorriso ,il sorriso e l’arroganza di chi si fa giudice ed arbitro del mondo non avendone alcun diritto,sopratutto alcun pregio se non una sorta di pregiudizio allucinatorio del tutto autoreferenziale.Bene, ora le cose stanno in bilico e,questa sensazione da il senso del tracollo di un partito sfrangiato democratico alla deriva,partito dimagrito nel suo seguito e senza,lasciatemelo dire , nessun popolo.
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Giovan Battista Viotti.
Vorrei segnalare tre concerti di Giovan Battista Viotti (Fontanetto Po-Londra 1824),il concerto n.25 il la maggiore,il numenro 23 in sol maggiore e il numero 4 in re maggiore.Musicista compositore oggi penso quasi sconosciuto o sconosciuto del tutto ad un pubblico che giura di aver visto e sentito tutto.Autore ricco di temi,temi che sanno prenderti svolti in modo perfetto ed eseguiti come direttore violino solista da Franco Mezzena.Una grazia,ed una forza espresse come sorpresa essendo un autore ripeto pressochè penso ignoto, perlomeno trascurato.Fontanetto Po si trova oggi in Piemonte, il compositore ha girato il mondo nonostante fosse nato con pochi mezzi,povero insomma.
Usi tribali di governo.
Il governo chiede la partecipazione anche dell’opposizione alle sue scelte,una specie di unità nazionale incoraggiata anche da Presidente Mattarella e,pare, che qualche cosa si muova in questo senso,l’opposizione ha tutto da perdere in questa manfrina,comunque fra i distinguo ,paese e non governo si gioca la partita mentre il governo alla fine fa come quel Re di Loango in Africa che pranza in due case diverse:egli mangia in una,e beve nell’altra;è proibito,sotto pena di morte vederlo bere o mangiare.Sembra che quest’uso tenda a far credere che Sua Maestà non appartenga alla specie umana,un pò come fa Conte:umano quando chiede l’unità ,in una e nell’altra casa casa e ,”divino” quando decide tutto da solo.
Rivoluzione ai tempi della clava.
Flaubert definisce bene quello che da noi è considerato “moderno” senza che nessuno,ma proprio nessuno si prenda la briga di accertasi se quel che vede,quel che vede guardando con gli occhi e non con le orecchie è davvero “moderno” o meglio, “attuale”,per non dire di avanguardia,insomma, tutte quelle amenità che,nuove per piaggeria si dicono e si descrivono soprapensiero .Infatti Flaubert scrive:”Dolmen:a che fare con gli antichi francesi.Altro non se ne sa.Sasso che i druidi usavano per i sacrifici.Ce ne sono soltanto in Bretagna”.A questo punto negare il ritorno all’età della pietra dell’umanità “moderna” tutta mi sembra lampante e,in certo senso perfetto.
Signore & signori:la morte.
Chissà perchè più si avanza con l’età e meno si vede il rituale della morte,la morte,quella celebrata e vissuta nell’infanzia,fino all’adolescenza.Forse ,il sentimento smemorato di questo presente ne cancella anche la nostra partecipazione togliendoci anche quella fascia a lutto,quella che vedevamo e si vedeva,opaca e nera, sul braccio ,vistosa e funebre dei vedovi.Addio morte,addio sentimento di morte ,così la morte si presenta nuda e cruda nella sua immobilità enigmatica,imperturbabile senza risposte ,da seppellire.Anche se ricordo di quella donna,di una donna che piangeva,piangeva non veduta ed era ieri, disperato lamento in qualche corridoio del cimitero,disperata:perchè te ne sei andato?Perchè mi hai lasciato sola!Lamento e sofferenza che veniva,veniva da lontano,lontano, nel silenzio, pianto nel deserto,unico pianto, fra abbandonate tombe e palazzine impolverate ma ridenti di ricchi dimenticati defunti.
Epidemie.
Ogni epidemia ha i suoi miti,o falsi o veri pregiudizi e ,quella di questi giorni non ne manca,dall’uso dell’aspirina al bere certe sostanze,ognuno vede un untore o un falsario che alimenta e propaga ad arte il male.La gente si ribella e,con questo ribellismo ,anche mascalzone indica la volontà di vivere,vivere e lottare,nega così l’evidenza là dove vi fosse ,insorgendo ancora ,ancora per istinto,spesso giustificato dall’ indigenza sopratutto dalla paura e dal fallimeto, che fa più paura della morte stessa.L’uomo allora si ribella al proprio ventilato azzeramento,preferisce piuttosto morire e sfidare, alimentato da quella forza oscura che è il vivere,il vivere per moto prorio,in una specie di esorcismo,qualche volta violento , argine al lasciarsi andare e forse,forse perire per sempre.Mentre altri,altri vittime e succubi della stessa paura si rintanano,chiudendosi inermi aspettano ,aspettano ,fra le mura domestiche come fantasmi in attesa dell’icognito e dello sconosciuto dell’oscuro presentimento che poi è sempre il solito,l’antico,il solito,l’atavico terrore di morte.
Pascoli:”la cascata del Niagara”.
In un bellissimo volumetto curato da Giudo Mazzoni(che,purtroppo non so chi sia) dal titolo bilioteca rara,stampato e numerato,questo Mazzoni lo dedica ai giovani poeti ,con nove ritratti editi dalla Società anonima editrice Francesco Parrella,Napoli 1916.Poeti giovani dunque, a cura di Giudo Mazzoni e sono :Marradi,Fleres,Pascarella,Picciola,Cesareo,Salvadori,Ferrari,Pascoli e D’Annunzio con memorie di un amico come sottotilo.Nelle vite di ogni giovane poeta troviamo fresche notizie e una,una curiosità, curiosità in quella dedicata al Pascoli dove si scrive come il Carducci desiderasse fargli un introduzione cosa che il poeta rifiutava perchè sentivasi immeritevole.”Ma il giovane poeta non volle saperne a nessun patto chè gli parve non meritassero i suoi versi l’onore della stampa e d’una siffatta prefazione.A sentir lui,ben altre erano le ragioni del rifiuto:meditava nuove odi,odi che fossero insieme musica e poesia,con nuovi ritmi,con nuove combinazioni di parole;il volume avrebbe dedicato “Alla cascata del Niagara”;e nella dedica doveva essere descritto,che dico?Fatta sentire la cascata romreggiante e fumante giù nello immenso precipizio.Voleva,per lavorare a modo suo andare fin là.Poi il Mazzoni parla d’altro,scrive d’altro riguardo il Pascoli,altro,in cui si prospettano nuove poesie e un nuovo volumetto e aggiunge:”a quanto dunque,o mio Pascoli,il bel volumetto?Ma spero che non lo dedicherai alla cascata del Niagara:troppi rumori già c’intronano le orecchie,e la tua musa ama anche essa l’orecchio pacato.
Le perle nere di kella.
Catherine Howard fu la quinta moglie di Enrico VIII. Ingenua e vivace, trascorse la propria infanzia e adolescenza presso la residenza di Lambeth dove la duchessa di Norfolk, Agnes Tylney, si occupò della sua educazione. Catherine era la nipote del duca di Norfolk, nonché cugina di Anna Bolena, seconda moglie del re.
Quando Enrico VIII sposò Anna di Cleves, Catherine venne presentata a corte dal duca di Norfolk come una delle ancelle della regina. Una mossa che puntava ad assicurare un ottimo matrimonio alla ragazza. Ma l’attraente e minuta Catherine riuscì ad attrarre le attenzioni dello stesso Enrico, che se ne invaghì immediatamente.
Catherine aveva già avuto esperienze amorose. Nel 1536 si innamorò del suo maestro di musica, Henry Mannox e successivamente ebbe una relazione con Francis Dereham, ma quando Dereham partì per l’Irlanda, Catherine si innamorò dell’avvenente Thomas Culpeper, gentiluomo di camera del re. Quando la famiglia di Catherine si accorse dell’interessamento del re, cercò di approfittare dell’immensa fortuna che stava per cadere su di loro.
Enrico VIII si separò da Anna di Cleves e sposò Catherine annullando le nozze non consumate con la precedente regina. Il re era follemente innamorato della nuova consorte. Giovane e audace, Catherine sembrava riportarlo indietro negli anni, illuminandolo con una ventata di vivacità che da molto non provava. Catherine non era certamente innamorata di Enrico VIII, vista la sua età e la sua ormai vistosa obesità, ma lo rispettava e ne provava gratitudine.
In primavera però, Catherine riprese a frequentare Thomas Culpeper e considerata la sua frivolezza non ne vedeva nulla di male, considerando che continuava a intrattenere il re.
Ma ben presto il tradimento della regina venne a galla. Il re furibondoscoprì anche della precedente relazione con Dereham, il che faceva di lei una regina non arrivata vergine al matrimonio. Catherine impazzì dal terrore di essere condannata a morte.
Il destino di Dereham e Culpeper fu nefasto: Dereham venne castrato e sventrato vivo, mentre a Culpeper venne “solo” tagliata la testa, forse perché il re considerava Dereham reo di un peccato più grave, quello di aver preso prima di lui la verginità della regina
Catherine venne scortata presso la Torre di Londra. Quando seppe che stava per essere decapitata, chiese che le fosse portato il ceppo per fare le prove su come posizionare il collo. (per non fare la fine della contessa di Salisbury, che il boia inesperto aveva colpito per dieci volte prima di riuscire a tagliarle la testa)
Catherine venne decapitata il 13 febbraio 1542 e fu sepolta nella cappella di St Peter ad Vincula Non aveva ancora compiuto i ventuno anni.
Kella Tribi