Oggi 2 Gennaio 2014,è stato celebrato nel Duomo di Fidenza il funerale di Don Amos Aimi, primo Vicarius Sigeric della Compagnia di Sigerico.L’ufficio funebre è stato celebrato da Sua Eccellenza il Vescovo di Fidenza, alla presenza di un foltissimo pubblico.
Una patria una democrazia.
Se, qualcuno,non ha ancora capito a cosa servono giornali e televisioni,lo puo’ comprendere perfettamente in questi giorni,in cui , televisioni e radio,domani i giornali,definiscono e definiranno,quello di Napolitano il piu’ bel discorso di fine anno, che sia stato fatto alla nazione.Loro lo dicono e lo ripetono, citando Casini,uno fra i tanti a bottega.Ci piacerebbe sentire cosa dice la gente,non quella davanti a televisioni o radio-giornali.In buona sostanza, Napolitano ha detto che lui stara’ in carica finche’ lo riterra’ necessario,anni permettendo.Insomma ,solo la morte o ,una sua valutazione esclusivamente personale, sara’ presa in considerazione, per un probabile abbandono della carica.Non sara’ dunque il popolo a decidere delle sorti d’Italia nè ora ne’ mai,ma sara’ Napolitano,che, a sua discrezione ,decidera’ cosa fare, quanto e quando ,per il “bene” degli italiani.Davanti a noi, sta un preteso salvatore della patria,mentre ,a noi, non serve un “salvatore”,questo salvatore,ma urge una vera Patria,non questa,virtuale patria e ,questa,matrigna,criminale,Europa.Caro Napolitano, non è sufficiente parlare da un tavolo,mentre sullo sfondo troneggia la sua cattedra,il suo trono,parlare con tono da dimesso populista,come Lei ha fatto la sera dell’ultimo dell’anno ,la sera in cui,un uomo,ancora una volta, massacrava la moglie, la figlia, la suocera,e sè stesso per un futuro che Lei non puo’ nemmeno immaginare,avvolto come è da previlegi,denaro e potere.Ma, una cosa vera Lei l’ha detta, signor Presidente,ci vuole coraggio,eroico coraggio ad essere cittadini di questo non paese,coraggio,per questo non parlamento,coraggio per questo prepotente nulla che Ella si ostina a rappresentare.Buon anno Signor Presidente Giorgio Napolitano,Buon viaggio,si dice sia passato anche Napoleone,Lei, prima o poi i conti con la storia sara’ costretto a farli,prima o poi, e allora, anche Lei dovra’ ,se ne è capace,essere coraggioso.
Le orecchie di Alfano.
Come vorrei,come vorrei sentire alla televisione il discorso di fine anno di Napolitano,come vorrei,ma ho la febbre e il raffreddore,è stagione, si sa’.Ascoltarlo pero’ potrebbe procurarmi anche il mal di testa,sono due anni che parla,parla,dirige,indica,ammonisce,minaccia,sono due anni,due luuunghi anni che rimprovera sull’uscio del colle,pronto a sbattere la porta,ma, no,no,la richiude,delicatamente,non la sbatte,no,non esce, si siede,si accomoda sulla sua bella poltrona, di Presidente, della Repubblica,pardon,ex repubblica Italiana.Crozza quando gli fa il verso è meglio di lui,abbandonandosi ad una qualche umanita’.Stringete i cordoni chiudete il portafogli,non spendete,non scialaquate,Napolitano sbraita come Achab dalla nave, comanda,impone.Come mi piacerebbe ascoltarlo alla televisione questa sera,e,segnarmi su di un libricino, quello che non mi piace,quello che non mi piace,ma se non mi piace niente di lui,perchè dovrei ascoltarlo,eppure il … dovere di cittadino m’impone, e mi fa sentire… in colpa,come vorrei sentirlo parlare,dovrei sentirlo parlare.Anche Alfano ripete la storiella,in verita’ un po’ curiosa, di un certo suo maestro che gli faceva notare le sue due orecchie e la bocca sola, che aveva,questo per ammonirlo di parlare meno ed ascoltare di piu’,proprio perchè le orecchie son due,gli ripeteva,la bocca una,lui si’,lui,sara’ tutt’ orecchi.Doveva essere questa, una “saggia” maestra d’asilo nido ad impressionarlo, visto che la ripete,la dice, la ridice ancora oggi,completamente calvo,quasi fosse un precetto del confucianesimo,lo pagano anche per questo.Ah,le grandi orecchie di Alfano,pronto ad imbarcarsi nel paese dei balocchi con Lucignolo.Vi giuro che vorrei ascoltare Napolitano,con attenta, rispettosa devozione,questa sera,ve lo giuro di cuore.Caspita,sono gia’ le 21,30,Napolitano deve avere gia’ parlato,il tempo vola,questo è l’ultimo giorno dell’anno,sara’ meglio dormirci sopra,non c’è niente da festeggiare,Alfano si sara’ sprecato in orecchi,che son due, questa sera.
Sunadur.
Sul palco della pista da ballo della nave in crociera,nelle balere,o nei dancing aveva passato la sua giovinezza,di donne ne aveva e, ne aveva avute una sfilza, di cui non voleva nemmeno ricordare il numero.Piacere era il suo lavoro,piacere,e piacere,solo piacere,fossero anche vecchie,ma benestanti,racchie ,giunte all’ultimo fremito di finta vita.Gli piaceva essere inseguito,perseguitato dalle donne,in una parola,amato,amato,come l’intendeva lui.In fondo le donne hanno carta moschicida fra le coscie,che colpa ne aveva lui?Questa la logica,la sua logica,il mondo era semplice,andava organizzato con semplicita’ ma con decisione,quelli di fuori parlavano,parlavano,ma che potevano sapere del fascino di un amore breve.Lui chiamava amore ,amore,quella roba che si spicciava in qualche istante,meglio con lei seduta sopra un lavandino,che gli importava dei figli e delle maternita’ sparse per i continenti.In tempi grami si era venduto il cappotto di pelle in dicembre e,quello che l’aveva comprato lo aveva voluto subito,lasciandolo come nudo, in mezzo alla strada ,con l’unica giacca primaverile rimasta.Non si scoraggiava mai,mai,erano solo momenti difficili,come quando frequentava il conservatorio da cui era stato cacciato nei primi anni, per indisciplina e somaraggine.In svizzera suonava il pianoforte,si esibiva in qualche posto per turisti,non era nemmeno tornato in Italia per il soldato,che allora era obbligatorio,meglio, sarebbe per sempre rimasto in Svizzera,reticente alla leva,disertore naufrago.Scomparve,solo di tanto in tanto qualcuno parlava di lui che aveva fatto fortuna,chissa’ poi se era fortuna,chissa’ se era ancora vivo.Di suonatori,ne ho conosciuto un sacco avendo fatto il conservatorio,fatto e finito.Quelli che si staccavano perchè ribelli,anticonformisti,recalcitranti ad ogni ammaestramento,recalcitranti,anche alla sola civilta’,tutti,tutti hanno percorso vite originali e particolari,vite di pochi concetti , ma chiari,contavano solo su sè stessi, e quello che loro definivano talento,solo su quello,solo sul successo,fosse stato riscosso anche in uno sgabuzzino,ma, se riuscivano, a suscitare l’applauso,non avevano vissuto invano,perchè il loro dovere era piacere,piacere solo piacere.Ed ora lo voglio dire a tutti,tutti quelli che continuano a fare lapidi funebri su Berlusconi,a tutti quelli che parlano di vent’ennio passato con funerali virtuali autogratificanti e improbabili.Se, Berlusconi,Silvio ,che ha suonato in una sua passata giovinezza sulle navi,ha, anche una sola delle “qualita’” sopradescritte (e secondo me ne ha parecchie),potete mettervi il cuore in pace,ve lo garantisco,non muore nemmeno dopo morto.Di solito quelli come lui si fanno mito.La differenza fra lui e voi, è che voi siete in parlamento per il potere e il denaro,Berlusconi è li solo per piacere,piacere e ancora piacere,solo piacere.
A moi les plaisirs.
A moi les plaisirs,gli veniva in mente questa frase di Faust:voglio il piacere,aveva appena visto in un negozio di erboristeria, la pubblicita’ per l’allungamento del pene.Aveva aperto quelle paginette, sfogliando con attenzione le fotografie di molti “penis” ,come era scritto sulla copertina,la vista di tutti quei genitali gli aveva ricordato gli uomini,tutti in fondo portavano quell’attributo.Ora passeggiando si soffermava sui visi distratti dei passanti pensando pero’ solo al loro pene,in fondo uno lo si guarda negli occhi e non si pensa mai alla forma del suo pene.Associava le diverse forme che aveva visto fotografate poco prima,le associava alla gente,ad oguno il suo ,enumerandole,perdendosi nella fantasiosa diversita’ della natura.In fondo era un organo come un altro,questo pero’ serviva per pisciare e qualche volta a dare la vita.Le donne avevano la vagina,ora il mondo era sistemato,il suo ordine dico.Continuando nella sua passeggiata e, guardando in faccia i passanti pensava pero’ solo al loro sesso.Tutti veniamo da una vagina e da un pene,ed anche in quell’istante in cui lui camminava, c’era un gran fermento nel mondo,uno scambio di dare e avere, tutti volevano quel “piacere”.Gli venne in mente Epicuro,ma quello non parlava di quel piacere, a scuola gli avevano detto un sacco di stupidaggini su Epicuro,penso’ che era una cosa stupida pensare al filosofo,pero’, quel mondo che gli camminava davanti e alle spalle e lui stesso, era pieno di desideri piacevoli.Pochi ammettevano il solo piacere,e poi anche lui si era fatto la convinzione che, quello,quello, era unico come piacere ,unico, di pronta soddisfazione ed uso.Ma, tutte queste considerazioni si infrangevano,naufragando fragili come fragili barchette,tuttavia continuava ostinatamente a perdersi negli organi sessuali dei passanti e del mondo ,questo lo faceva sentire vivo,di un vivo che subito pero’ rimpiccioliva,spariva.Vi erano piaceri diversi,pensava,che lui,anche lui conosceva,vi era una quiete piacevole non perturbata,quasi felice,meno provvisoria,vi erano soddisfazioni,promesse nella vita che, l’allungamento “penis” non raggiungeva mai.Forse ,tutti quei portatori di organi che passavano non percepivano una vita diversa e indipendente dal loro sesso e poi, nemmeno lui si era svincolato del tutto da quel piacere,da quel suo piccolo piacere.Nel grigio mattutino di Dicembre,durante la sua strana passeggiata quotidiana ,immerso come era in tutti quei nervi, sangue e muscoli inguinali dell’umanita’,all’angolo della strada vide e senti’ un gruppetto di suonatori ambulanti che, invece di intonare le solite arie,valzer,o malinconiche canzonette,si misero improvvisamente a suonare un pezzo del Faust di Gounod,era il valzer di Mefistofele, lo suonavano in modo inusuale,perfetto:il diavolo ci mette la musica,noi i pensieri.A moi les plaisirs.
Giornalismo.
Vi sono parole,parole scritte, che vaporizzano dal tasto,sotto la punta della penna,o sotto la lettera della macchina da scrivere.Vi sono ragionamenti,ipotesi,conclusioni che muoiono subito,fuochetti d’artificio che brillano,baluginano, per un attimo, breve.Vi sono pagine,testi e ,ancora pagine che sbiancano,e, nel girarle,si fanno immediatamente mute,silenziose.Tutti i giorni ,uomini e donne, scrivono sull’acqua , nell’aria,trascrivono parole di pupazzi che parlano di parole morte,inutili,puerili , occasionali, basso brusio di fondo televisivo.E, quelle parole svaniscono,inascoltate,si spengono,non vanno da nessuna parte, da nessuna parte vengono,sono parole, parole,vuote.Parole dall’indistinto suono,suono rauco,acuto,di gola,in falsetto,mentre chi le descrive si trova sempre la sua ultima lettera,solo la sua ultima parola, il resto scompare ,dietro infilate frasi,si annulla.Tuttavia,questa fatica si compie tutti i giorni,tutti i giorni si ricomincia da capo,e si scrive sui giornali parole senza storia,senza vita,senza passato o futuro,si ricomincia, per dare eco al brusio che assomiglia al ronzio, dei fili elettrici.
Antonio Polito.
Un tempo si definifa, “il giornalone” ,questo,quando ci si riferiva al Corriere del Sera,oggi pare solo un giornalone zeppo di paginone pubblicitarie,qualcosa di grosso è dunque rimasto.Antonio Polito ha una rubrica filogovernativa, in cui si immagina l’angioletto di Natale che ha sconfitto tutte le cassandre menagramo.Cominciando dalla legge elettorale,che,se Berlusconi avesse forzato al voto ci saremmo trovati con degli eletti illegittimi e per di piu’ minoritari.O bella Polito, perchè ora non è maggioranza-minoritaria il governo formato con una legge incostituzionale? Avremmo fatto una grama figura internazionale,se, Berlusconi avesse deciso per il voto.Polito,le pare che ora facciamo un ottima figura internazionale?Immagina poi la catastrofe e la miseria del ritorno alla lira e scrive che, le nostre merci non avrebbero varcato la frontiera,o Polito,le pare che le nostre merci varchino numerose la frontiera?Ci siamo svenduto tutto,rimangono quattro disperati con industrie da terzo mondo che resistono,non mi pare che vi sia un gran via vai oltreconfine.Tocca Polito, anche l’argomento ” Regiorgio” e, lo lecca e sparlecca per la determinazione della sua sedicente unita’ nazionale.Unita’ nazionale attaccata con lo sputo,pronta a sfaldarsi al primo colpo di brezza (basterebbe una semplice brezza),unita’,questa unita’ che nessuno vuole,e quando dico nessuno, mi riferisco agli italiani.I tedeschi che colano come oro, dalla bocca di questi benpensanti,perbenisti di maniera,i tedeschi ,dicono che è meglio un gran dolore che un dolore senza fine,mai frase fu piu’ veritiera per l’Italia di oggi.Napolitano e compagnia “bella” non vogliono le elezioni perchè sanno che, tutto il loro impianto crollebbe come un castello di carta-straccia,castello di coglionate,di pezze sul sedere,pezze messe e rimesse ,anche da questi servi di nuova generazione.Il popolo vuole lezioni,ma Antonio Polito si schiera per il virtuale,ricco di pensierini e frasette dettate dal vecchio del Quirinale.Dovrebbero cancellare le elezioni democratiche per sempre,ma, il giorno in cui vi saranno elezioni,non occorrera’ essere cassandre o populisti per predire il fururo,sara’ il popolo,non il populismo a spazzare via tutto,perchè questi hanno rotto i coglioni,anche se poi, i soliti si metteranno alla guida autoreferenziale della nazione, senza coglioni ,come da manuale,tutto alla faccia di popolo e democrazia,come fanno ora,come hanno fatto ieri.L’angioletto di Antonio Polito doveva essere intitolato: l’angioletto napolitano,tanto per essere in tema con presepi napoletani di Natale.E ,se Polito, doveva scrivere un pezzetto sullo stato dell’Italia lo doveva scrivere ai piedi e all’ombra di qualche impiccato, forse solo allora avrebbe provato un moto autentico,un brivido, privo di insulse smorfiette, per il suo tramortito pennino.
Favoletta di Natale.
Ieri,vigilia di Natale,Giorgio Betti (uno che incontro una volta l’anno), mi parlava d’arte e di un pittore piacentino,non so perchè il discorso cadde da parte di Giorgio su, Camillo Langone.Quel nome non era nuovo,l’avevo gia’ sentito,lentamente ricordai che era il segnalatore,segnalatore critico di una Biennale veneziana di Sgarbi.Giorgio disse che aveva scritto un libro:”Pittori eccellenti”.Per curiosita’ ,solo curiosita’ sono andato a vedere questi pittori eccellenti ,secondo Langone.Gia’ la faccia del critico era una faccia che lascio defininire a chi ha voglia di andarlo a vedere.Nel cappello introduttivo di Langone le cose suonavano e giravano perfette per citazioni,ragionamenti,riflessioni:”tutto doveva essere fatto,secondo l’autore con le mani,niente trucchi niente inganni,niente ritocchi fotografici,niente di concettuale.E’ stato a questo punto che sono andato a vedere, per curiosita’,ripeto, pura curiosita’,i pittori segnalati dal “critico”.Li, di mani non c’era nemmeno l’ombra,nemmeno quelle del pittore morto, erano tutti,ma tutti lavori fatti, con il culo.
Camillo Langone-Pittori eccellenti-andateli a vedere.
Giovani marmotte alla leva.
La questione non riguarda i quarant’enni,trent’enni o vent’enni,il governo dei quarant’enni ci fa un baffo se ,a guidarlo è l’ultraottant’enne,quasi novant’enne Giorgio Napolitano.Che poi, quello che conta, è l’eta’ Merkel.Quella è l’eta’ che fa la differanza,giusta,il resto son ruoli di basso profilo,sciaquini,attendenti,burbe,come Letta e Renzi.Alfano ,disertore,senza esercito e generale , supplicante coscritto semplice in prova ma strapagato, in attesa di precaria conferma.
Babbo Natale.
No!Letta, nessuno aveva bisogno di un babbo natale.No,prorio no!Letta, meno che mai ci serviva un padre, per di piu’ buono,come lei.Ci riteniamo fortunati di non avere un padre,fratello,cugino,zio,nipote,come lei.Faccia il parente dei suoi,se ne è capace, che da come amministra lo stato,pensiamo che ella sia in gran difficolta’ anche come parente o babbo natale,dei suoi,dei suoi,Signor Letta.A noi serviva semplicemente un amministratore,capace ,soltanto capace ed eletto dal popolo,quel popolo che Lei abborre Signor Letta.I babbi natale, i buon padri, sono personaggi che il suo gabinetto dei ministri non conosce,anzi ,avversa e schifa.