Graziella Recupero era una studentessa di 19 anni, uccisa nel suo paese, Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina, il 26 giugno 1956. A compiere il delitto fu un suo coetaneo, Carmelo, un innamorato respinto, un giovane che nutriva un “amore” malato nei confronti della vittima. Un femminicidio, lo chiameremo così al giorno d’oggi, che a quei tempi fece precipitare la città nell’angoscia.
Delle continue interferenze del giovane omicida e della volontà della diciannovenne nel respingerle, Graziella ne aveva parlato solo con la sua migliore amica. Una vita semplice quella della giovane. Come riferirono i suoi stessi fratelli, Pino ed Elio, Graziella era una meravigliosa creatura, considerata dalla famiglia un fiore delicato perché da piccola aveva avuto una malattia e perciò molto protetta. A detta loro, salvata dalle preghiere della madre a Sant’Antonio da Padova.
La ragazza, per riconoscenza, si recava tutte le domeniche presso il convento del quartiere dove risiedeva, per ascoltare la Santissima Messa, e, come era in uso all’epoca, accompagnata sempre da qualche familiare. La ragazza non usciva molto, anche perché a quei tempi, chi si divertiva al di fuori della famiglia era considerata una “poco di buono”. E quindi, la vita di Graziella, si divideva tra lo studio, le faccende domestiche e l’amica del cuore.
Diversamente da lei, invece, il cosiddetto innamorato, veniva ricordato come un egocentrico, amava le canzoni e le poesie, tanto da essersi guadagnato il soprannome di “cantalanotte”, perché preferiva questa attività al sonno. In realtà invece era considerato un debole, con problemi di instabilità emotiva, e soprattutto negli ultimi tempi era diventato molto insistente nei confronti della ragazza, come un martello. Più veniva rifiutato, più intensificava le sue azioni persecutorie. Tant’è che Graziella si sentiva braccata, aveva paura.
L’aggressione fu messa in atto nel corso di un pomeriggio di sole e caldo. Lui, armato di coltello, aveva premeditato tutto e, di fronte all’ennesimo rifiuto, raggiunto uno stato di agitazione frenetica, la colpì. Lei cercò riparo in una casa, ma lui la seguì, la raggiunse e le inflisse altre coltellate, uccidendola.
Nonostante il brutale delitto, che sconvolse la cittadina, la vicenda venne lentamente lasciata scivolare, volente o nolente, nell’oblio. Graziella fu dimenticata, mentre il suo assassino fu quasi giustificato dal suo essere “impazzito per amore”. La famiglia della vittima si allontanò dal posto per ridare un po’ di serenità ai figli.
Non si parlò più di Graziella per molti anni, fino a quando Flaviana Gullì e Gaetano Mercadante, scrissero il libro “Una Rosa Bianca” per ricordare e dare una seconda vita alla vittima, affinché le nuove generazioni conoscessero l’episodio che portò alla morte questa giovane ragazza, che aveva tutta la vita dinanzi a sé e che sognava solamente un’esistenza tranquilla ed un grande amore. Venne scritto con la collaborazione di coloro che avevano ancora ricordo dei fatti, i familiari ed i compagni di scuola, ricostruendo la storia ed i pensieri della sfortunata vittima.
Kella Tribi.