Le perle nere di Kella.

Written By: bruno - Lug• 02•22

Violenze domestiche nel 1500/1800: maltrattamenti, lesioni e ferimenti erano spesso frutto di scoppi d’ira improvvisi. Moglie e marito si trovavano infatti a condividere gli angusti spazi di un edificio con altri nuclei familiari legati da vincoli di parentela. Dai dissidi verbali alle percosse il passo era assai breve. Gli episodi criminosi erano dovuti però principalmente alla necessità maschile di tutelare il proprio onore messo a repentaglio anche soltanto da un semplice sospetto di tradimento. La notizia avrebbe potuto spargersi per il vicinato, pregiudicando la fama, ovvero l’opinione che si formava riguardo a una persona. Per questo gli uomini (mariti, padri, fratelli) si ergevano al ruolo di custodi dell’onorabilità sessuale delle proprie donne, trasformandosi non di rado in carnefici. Come spiega la storica Ottavia Niccoli: «Ira e aggressività spingevano a colpire col primo oggetto trovato sottomano, e poiché i limitati spazi abitativi prevedevano spesso l’unione fra casa e bottega, l’oggetto in questione poteva essere un mattarello per la pasta, un coltello da cucina, un punteruolo, non che le mani nude, comunque, non si adoperassero».
Ad esempio nel 1671 una certa Giacoma denunciò il marito Angelo Michele che l’aveva picchiata con la paletta di ferro del focolare. Interrogata, la donna sostenne che il coniuge non aveva voglia di lavorare, che gli piaceva la bella vita e che avrebbe voluto che facesse la prostituta per mantenerlo.
Lucia, quarantenne «honorata e da bene» non resse nel 1672 alla scarica di bastonate che le furono inferte dal marito Giacomo, ossessionato da un sospetto di tradimento. Per l’omicidio della propria moglie l’uomo fu condannato a morte e alla confisca dei beni, ma un anno dopo chiese e ottenne la grazia.
L’uxoricidio, cioè l’uccisione della moglie o del marito, è secondo la storica Cesarina Casanova «il tipo di parricidio che più frequentemente viene scoperto e perseguito e a volte sembra l’approdo obbligato di ménages brutali». Gelosia e senso esasperato dell’onore sono i moventi più frequenti alla base dei delitti commessi da uomini già noti alla giustizia. È il caso del bandito Girolamo Rossi, che fu denunciato per aver strangolato e gettato in un canale il cadavere della moglie Domenica. Nel 1675 venne ritrovato in un bosco del Bolognese il corpo di Camilla, uccisa dal marito-soldato Giovanni il quale confessò di non sopportare «che detta sua moglie avesse vita disonesta». In altri casi sono invece le donne, stanche delle continue vessazioni, a porre fine alla vita dei propri aguzzini, incaricando altri uomini di eseguire i loro disegni criminosi.
Ad esempio nel 1672 una certa Antonia indusse il suo amante Lorenzo a sparare alla moglie Margherita uccidendola. L’uomo fu condannato a morte, la donna all’esilio.
Nel 1673 Caterina fu accusata di aver avvelenato e ucciso il marito Lorenzo Maria prima negandogli i medicinali che i medici gli avevano prescritto, poi chiedendo a un amico speziale di ucciderlo a colpi di archibugio o con “qualche acqua velenosa”. Alla fine del procedimento Caterina, che intanto si era risposata ed era in stato di gravidanza, venne graziata previo pagamento di 40 scudi

Kella Tribi

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