Le perle nere di Kella

Written By: bruno - Dic• 25•21

Imane Laloua ha due occhi caldi e castani e un bel sorriso, arriva in Italia dal Marocco a 14 anni, nel 1995, per ricongiungersi alla madre che, da un anno, lavora in Toscana. Per lei è uno choc lasciare la sua terra mentre è ancora una bambina, poi però si innamora dell’Italia, si integra. Finiti gli studi comincia a lavorare nel settore alberghiero e incontra colui che diventerà il suo futuro marito. A mamma Zoubida quell’uomo non piace, ancor meno le sue frequentazioni ai limiti del mondo criminale, ma Imane non sente ragioni, lo sposa e si trasferisce con lui a Prato. I rapporti tra madre e figlia si fanno conflittuali, soprattutto dopo che lui finisce in carcere per spaccio di droga: “Gli uomini non cambiano, Imane: lascialo”, ma sua figlia non ne vuole sapere. A giugno 2003, dopo una discussione tra madre e figlia, Imane sparisce. Di Imane nessuno sa niente. Zoubida ne denuncia la scomparsa sperando che almeno gli inquirenti possano aiutarla, ma quelli sono tempi in cui una donna maggiorenne e sposata che fa perdere le sue tracce viene considerata una persona che si allontana volontariamente. Sono mesi di angoscia bruciante, finché Zoubida non comincia a convincersi anche lei, per autoconservazione, che sua figlia si sia rifatta una vita con qualcun altro. La immagina felice da un’altra parte. Magari è diventata anche nonna. Nel 2018 la triste notizia, Imane è morta, è stata assassinata. Come? Dove? Quando? Zoubida viene a sapere che in realtà i resti Imane, un mucchietto di ossa conservato in un sacchetto dei rifiuti in un bosco, a pochi chilometri da casa, erano stati ritrovati per caso. Nel 2006. Ci erano voluti 12 anni per fare quello che serviva, un semplice esame del DNA che desse un nome a quei resti. L’autopsia, peraltro, ha rivelato che la ragazza è stata assassinata a coltellate. Così come avevano trascurato la scomparsa della giovane, 12 anni dopo ne trascurano la morte. Sarà Zoubida, allo stremo delle forze, a pretendere che si vada avanti con le indagini, che non si archivi.
Il silenzio della Procura e dei media fa male e rabbia, come se si fosse trasparenti, seppur vittime

Kella Tribi.

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