Fausto.

Written By: bruno - Feb• 06•17

Viaggiava in seconda classe una donna dentro un treno per Parigi,nella borsa di pelle nera portava l’ urna con le ceneri di un morto,Fausto.Fausto aveva pagato questa signora accompagnando con un breve scritto questa sua ultima volontà perché alla sua morte,morte avvenuta nella sua città per suicidio,passato per il crematorio le sue ceneri fossero disperse nell’acqua della Senna per mano della donna.L’uomo,Fausto si era accoltellato al ventre oramai vecchio,sfinito dalla vita di tutti i giorni e dalla consapevolezza che la sua vita,la sua vita,come spesso diceva lui, citando non so quale poeta:”che volete che conti la mia vita?Che volete che conti,la capocchia di uno spillo” e ,mentre ripeteva questa frase ardeva nei suoi piccoli azzurri occhi infossati dentro le orbite,rideva con labbra sottili,di un fine riso, mimando con le secche mani l’interrogativo di quel suo poeta.Non potevo che annuire ,ed annuivo come fosse la cosa più sensata di questo mondo la storia dello spillo, senza in realtà capire questa sua citazione così improvvisa,citazione gettata,buttata come un sasso nello stagno in altri discorsi.Lui infatti a Parigi c’era stato ,un tempo ,tanti e tanti anni prima ,presentandosi ad un pronto soccorso medico si dichiarò perseguitato,a chi gli domandava da chi fosse perseguitato lui, aggiungeva sempre con quegli occhi seri e fiammeggianti senza scomporsi:”dal Papa,al che il medico di turno ne prendeva atto con un rassegnato:”capisco ” e lo rimandava in Italia.Se questa sua “pazzia” fosse vera o finta nessuno lo aveva mai capito,nessuno, forse nemmeno lui ma,ma per Fausto,per Fausto quella pazzia fu utile al raggiungimento di uno stato sociale degno del sostentamento e riconoscimento di stato e, di questo sostentamento di stato era sempre vissuto,vissuto bene,fino ad ottanta anni compiuti, contornato da libri e con una aria di sfida verso il mondo intero ,aveva vissuto con quella sua vita fino all’ultimo giorno,con quella sua vita ,che contava come la capocchia di uno spillo.Lo diceva anche da giovane ,che si sarebbe suicidato, ma,ma si era suicidato solo a ottanta anni compiuti,con comodo si dirà e dopo essersi goduto la vita,dopo aver viaggiato ,notando e facendo notare fra l’altro, il nitore dei cessi d’ Olanda,d’un bianco immacolato,comunque,comunque sempre inseguito ,in tutta la sua vita da un Papa, dall’ultimo Papa eletto e, sempre chiuso,chiuso con i suoi libri alto ,nella sua retta figura ossuta .Una sera dunque, dopo essersi accoltellato perdendo molto sangue al ventre,dopo essersi accoltellato più volte con una lama da cucina fu ricoverato all’ospedale dove giunse paralizzato,vi giunse pare, senza perdere nè i sensi nè la ragione,anzi , sorrideva e annuiva,annuiva a chi l’andava a visitare,sorrideva e annuiva per mostratre che eveva capito quel che dicevano e che lui,lui stava bene,bene così,così come la capocchia di uno spillo,capocchia fatta cenere , in viaggio dentro una borsa di stinta pelle nera da donna, ancora una volta ,per l’ultima volta ,verso Parigi ,verso la Senna.

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