Quei giorni, le sere, i nostri tramonti. E le cene e il porto. Quella sera ventosa e il rumore delle barche in ormeggio. Le luci sfuocate in quel nero infinito che si disperdeva nell’inchiostro del mare. E i fantasmi delle barche che cantavano le loro strane canzoni. Tintinnii, scricchiolii, l’umido che veniva dall’inchiostro lontano, ci copriva di minuscole gocce e io coi tacchi alti mi sentivo così bella, e un brivido di freddo e la corsa verso la macchina per far ritorno dove ci attendeva una promessa. Ecco cos’era. Era l’attesa di una promessa come bambini a Natale. Lì si è bruciato tutto ciò che rimaneva della mia gioventù. Anzi, il suo tardo e più bel fiore.
Francesca Pierucci.
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