Lettera a Federico Serena.

Written By: bruno - Dic• 15•12

Forse una quindicina d’anni fa,o forse piu anni ancora’,Federico Serena,Direttore della rivista , Farnese Musei o rivista con un titolo similare,mi invito’ a scrivere una letterina in cui potessi esternare il mio punto di vista(critico) sullo stato del Museo di Palazzo Farnese.La scrissi pensando che sarebbe stata pubblicata su quella pubblicazione come opinione,anche perchè il Serena conosceva il mio giudizio (negativo) su quel Museo.Con mia grande meraviglia vidi la letterina pubblicata,in ultima pagina,e con in calce una rispostina non richiesta dello stesso signor Serena, che,bacchettandomi con un pistolotto e con il ditino alzato,invaso da saccente reprimenda senza possibilita’ di risposta  mi apostrofava come uno scolaretto che avesse fatto o detto una marachella o si fosse sporcato il grembiulino,inutile dire che il suo era un peana al Museo.Mi piace riproporla questa letterina(è stata per caso ritrovata),anche perchè il mio giudizio negativo sul Farnese non è mutato.”Caro,Federico;tu sai come ogni volta che parliamo di Palazzo Farnese e discutiamo di quello che vi è esposto,il discorso cade immancabilmente,non tanto su quello che c’è,ma quanto dovrebbe esserci e quello che c’è è cosa miserevole per la rapina e l’espropriazione che nei secoli si è compiuta nel piacentino.Allora viene spontanea la domanda di cosa ci facciano i nostri reperti a Parma,i quadri a Napoli,tutto quanto insomma la gente di qua ha prodotto con l’ingegno(oggi aggiungerei il denaro)in questa bella natura piacentina.Caro,Federico (sic),cosa apettano a renderci quello che è nostro,cosa ne facciamo di questo bel scatolone di Palazzo Farnese?Ricco solo di fotografie dei quadri scomparsi?Tutto quello che nasce (serve ripeterlo) in un territorio è patrimonio della sua cultura,delle sue ragioni,è essenziale nel suo percorso.Piacenza è come una bella donna senza denti,il suo sorriso è altrove.Quali sono i motivi che ostacolano la ricostruzione di una sacrosanta identita’.Che assurdita’ si possono protestare per impedire  ad una citta’ (Piacenza) di riavere le sue testimonianze,coloro che contano(politici e non),perchè non rifanno l’anima a Piacenza.Se guardi questa citta’ con gli occhi dell’intelligenza,Federico,la vedrai spogliata,svuotata di tutto quello che era ed è essenziale,la vedrai povera verso le nuove generazioni,che,non conoscono neppure le immense risorse che in questi luoghi si sono generate e sviluppate .Se uno cammina lungo il Po calpesta secoli senza accorgersene.Se uno attraversa certi campi trova sugli embrici le impronte delle mani e quelle di animali e la traccia di grandi uccelli che volano nel cielo di questa bella pianura.Federico,ci hanno rubato tutto,accontentiamoci di questo incompiuto  scatolone che, come un bicchiere vuoto conserva solo le tracce del vino buono e sospiriamo,in silenzio,Federico,in silenzio,non diciamolo in giro,facciamo finta di niente come al solito evitiamo di fare la figura dei coglioni.”Qui finiva la letterina e invece cominciava il pistolotto del signor Federico Serena di cui abbiamo dimenticato il contenuto,se desidera lo ripeta.

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