Incinta a 15 anni, nonna a 35, Rosa Montalto si era dedicata per tutta la vita alla famiglia e a 38 anni si era ritrovata con quattro figli e un matrimonio finito, era andata a vivere in una casetta a pochi passi dalla casa del marito A Catania, la famiglia e il quartiere l’avevano condannata per quella scelta. Le facevano una colpa di aver diviso la famiglia, portando con sé tre dei quattro figli, di essere andata a lavorare come addetta alle pulizie, di frequentare degli uomini, di tenere a quella bellezza nordica che nulla aveva di siciliano e che aveva sempre fatto voltare le teste per strada. Rosa era, in poche parole, una specie di sovversiva per l’ordine sociale della sua Catania, e non solo perché separata. Aveva dato scandalo scappando di casa con un giovane di dieci anni più giovane di lei, Benetto, 24 anni, un amico del figlio Filippo. Aveva intrecciato una appassionata relazione con lui e avevano fatto la ‘fuitina’ come due ‘picciriddi’. Postumi di quell’adolescenza mancata che Rosa non aveva mai vissuto. Poi, proprio come si fa coi ragazzi, la famiglia di lei l’aveva fatta ragionare, con le buone e con le cattive, l’aveva riportata alle sue responsabilità di madre. Ma non c’era niente da fare, a Rosa dentro bruciava ancora un ingenuo desiderio d’amore e di scoperta che placava come poteva, con altri uomini. E c’era chi moriva di gelosia. No, non il suo ex marito, ma il figlio Filippo, quello che gli amici ai tempi della fuga sfottevano ‘cornuto’, Filippo, 20 anni, che un giorno affrontò la madre mentre stava per andare a lavoro nella sua Centoventisei gialla, con una pistola alla mano. Le sparò un colpo alla testa, lei morì lì. “Volevo mia madre solo per me”. Era il 2000, è stato condannato a 17 anni, oggi è un uomo libero.
Kella Tribi
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