Le perle nere di Kella.

Written By: bruno - Lug• 16•22

Nel 1557 fu bruciato vivo nella pubblica piazza un certo Camillo Pio per «aver scannato la propria moglie e poi apertala in mezzo e fatto mangiare gli interiori a propri figli quali dopo li accoppò».
Il rogo era una delle modalità d’esecuzione praticate in caso di crimini particolarmente efferati, anche se in alcuni casi il condannato veniva dato alle fiamme già cadavere.
Per reati gravi relativi alla sfera familiare come l’uxoricidio, ma anche per pratiche sessuali illecite come la sodomia, i giudici sceglievano l’impiccagione o la decapitazione, quest’ultima considerata una pena capitale meno disonorevole.
Ma nel caso di un tale Ippolito, che nel 1542 accoppò la propria moglie e scannò i suoi due figli affinché non rivelassero un furto commesso, i giudici scelsero un’esecuzione efferata:
«Fu appiccato, anzi accoppato, scannato e squartato».
Se nel XVI secolo (1505-1599) le condanne a morte superarono le mille unità, nei due secoli successivi le esecuzioni diminuirono nettamente perché, come spiega Cesarina Casanova «aumenta invece la percentuale di pene aggiuntive ad deterrendum: poche condanne a morte ma esemplari.
È noto che incrudelire l’esecuzione aveva la finalità di rappresentare pubblicamente in funzione deterrente il potere di coercizione del sovrano e dei suoi giudici».

Kella Tribi

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