Hina Saleem era arrivata in Italia adolescente per unirsi alla famiglia che dal Pakistan si era trasferita a Sarezzo. Aveva imparato subito la lingua, si era fatta degli amici, aveva maturato una sua indipendenza che, però, a casa non vedevano bene. Hina non voleva indossare gli abiti tradizionali, voleva vestirsi all’occidentale, all’italiana, che in quegli anni, i Duemila, equivaleva allo stile di Britney Spears e altre popostar. Si era trovata un ragazzo italiano, un operaio che le aveva promesso di portarla a vivere con lui, per ricominciare. Sì, perché, Hina aveva denunciato il padre per abusi e maltrattamenti, salvo poi ritrattare in vista del processo perché non se la sentiva di far condannare suo padre. Però viverci insieme no, quello no. Così era andata a convivere col fidanzato e si era trovata un lavoro in pizzeria. Finalmente era felice. Un giorno, mentre la maggior parte della famiglia era in Pakistan per una vacanza, suo padre l’aveva richiamata a casa chiedendole di salutare un parente. Hina aveva acconsentito. Una volta arrivata ad aspettarla c’era il clan maschile della famiglia, padre, zio e cognati, armato di coltello. Non ha avuto scampo. L’hanno sepolta in giardino coi segni di quelle 20 coltellate al volto e al collo. E nessuno l’avrebbe cercata se il fidanzato non si fosse precipitato nella casa del delitto scoprendo l’orto fresco di sepoltura. Era il 2006, gli assassini sono stati condannati a 30 anni. Di Hina oggi resta una tomba spoglia e senza foto in un cimitero in provincia di Brescia. Suo fratello minore oggi è il capofamiglia. Non difende il padre ma lo ha “perdonato”, come tutta la famiglia. “È stato solo un gesto d’ira”, ripete.
Kella Tribi
Le perle nere di Kella.
Written By: bruno
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Mag•
21•22
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