Anacleto, si,si chiamava proprio Anacleto,nome strano per quei tempi certamente ereditato per diritto di famiglia dismesso da qualche morto.Anacleto mi strise la mano in quel freddo soleggiato mattino d’inverno,mentre al cimitero mi avviavo verso casa senza nessuna mestizia.La sua mano era fredda,fredda gelida ossuta ,e lui mi sorrideva,mi sorrideva come a volte i morti sorridono,di un sorriso improbabile nella bara.Forse senza volerlo per istinto lo capii,lo capii anche lui di quella sua mano ,anche lui che quella sua mano era gelida e la ritrasse,la ritrasse sempre sorridendo a denti stretti come si fosse raggelata improvvisamente tutta la bocca.Tutto finì li,lì,anche se il ricordo di quella mano si insinuò fissandosi nei pensieri d’ogni giorno e, se non fosse stato per lo stupore che,Anacleto,Anacleto venisse trovarono morto,morto stecchito qualche giorno dopo-colpa del cuore dicevano,il cuore aveva ceduto ed era morto,morto con quella mano fredda che strinsi come per dirmi quello che doveva accadere, tutto sarebbe stato dimenticato per sempre.Ne son passati di anni,tanti,tanti anni ma,questa mattina,mattinata fredda assolata, stesi la mano ad un conoscente,un conoscente che non mi da mai la mano mai,ma ,questa mattina ,invece ha teso la sua mano,come fece Anacleto,per cui mi son sentito in dovere di stringerla nel solito saluto che si fa con la mano,la sua era una calda e gradevole mano ,mentre la mia,la mia era gelida,fredda; mi sorpresi nel pensare alla mano di Anacleto di tanto tempo prima, mentre guardavo con stupore lo stupore di chi mi salutava.
La mano di Anacleto.
Written By: bruno
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Apr•
27•19
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