Io vedo dolore, vedo abbandono, vedo disperazione. Vedo il dolore dei bimbi abbandonati o distrutti dalle guerre dai tempi dei tempi. Vedo il sadismo genitoriale, vedo l’infanticidio. Vedo la mancanza di amore che se è individuale non può essere vestita di universalità. Ognuno è responsabile del male che fa, e del bene. Credo che sia un modo di coprire la propria incapacità. La nostra cultura occidentale si fonda sul dover essere, la completezza è un miraggio , esiste solo in una proiezione ultramondana o metafisica. La figura di Gesù ne è il simbolo. Spesso si parla di dolore universale, esistenziale, senza riscatto per l’uomo. Io credo che sia una piega di non secondaria importanza della forma mentis occidentale. Il dolore inalienabile nella vita di ognuno non passa nella nostra mentalità di radice cristiana, verso il porto dell’accettazione. Il dolore diventa pegno, riscatto, penitenza, strumento di redenzione, strumento narcisistico, fardello, colpa. Gli orientali dicono: lascia che tutto scorra, tutto passa, il nostro se si costruisce anche e soprattutto col dolore. Siamo decisamente inferiori a loro, Kant o non Kant.
Francesca Pierucci.
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