Non credo che prima di Falstaff,Verdi avesse vena umoristica,nonostante il fiasco di un “Giorno di regno”,suo lavoro giovanile che doveva essere comico,un giorno di regno ci sembra solo una forzatura del temperamento e del melodramma verdiano.Verdi non è mai entrato in scena scanzonato o leggero,è sempre stato uomo di sangue e carne.Falstaff stravolge completamenta la scrittura di Verdi,stravolge i moduli i tempi,le scene.Difficile trovare un opera cosi’ leggera,sparsa di gemme vocali,cose che Verdi, anche in passato non si fece mai mancare,l’esaltazione della voce .Falstaff è un grande merletto, scritto con forte tessuto,tutto è novita’ assoluta,ancora oggi,vi sono centinaia di spunti,di improvvise giravolte,conversioni,interotti ponti modulatori,cori sovrapposti.Insomma tutto un armamentario d’opera mai sentito prima.Liberato dal  voluto spirito contadino,Verdi diventa uomo di mondo,vicino agli ottant’anni,guarda l’umanita’ per mezzo di un Shakspeare ottocentesco, velato di cinismo.Ed appare,per mezzo suo ,uno Shakspeare nuovo,forse non cosi’ intrigante o grande,forse volgarizzato,ma in versione godibile e popolare.La scrittura della partitura è quella del romanzo e da romanziere,come tanti foglietti appesi ed appuntati nella stanza che convergono tutti come calamitati nella trama  musicale.In questa opera si sentono le mani ,le nocche nervose dell’autore che battono sul pianoforte ,Verdi vi partecipa passo dopo passo,accordo su accordo,canto su canto,infila fortunate combinazioni,illuminanti soluzioni,in un crescendo instancabile.Il compositore si fa improvvisamente  vecchio intelligente marpione, senza luogo di nascita,diventa cosa che galleggia nell’aria come  sospeso ed impregnato dallo spirito del mondo di cui desidera disfarsene, farsene beffa.E’ vero!Tutto nel mondo è burla,cosi’ finisce l’opera,aggiungendo anche,tutti gabbati,con questa frase Verdi infila ancora, per l’ultima volta, ma per sempre,la corona d’alloro.