Graziella Campagna nacque il 3  luglio 1968 a Saponara, in provincia di Messina, in una famiglia numerosa (sette tra fratelli e sorelle). Abbandonò presto gli studi per lavorare come stiratrice, in  nero mal retribuita, che però le permetteva di aiutare la famiglia. Mentre  stava  lavorando, l’ingegner Cannata le  portò  una  camicia nella  cui  tasca Graziella  trovò un’agenda. La ragazza non poteva sapere che proprio l’aver messo le mani su quella agenda avrebbe  firmato la  sua  condanna  a  morte.
Scoprì,  infatti, che  l’ingegner  Tony Cannata era in  realtà un  boss  latitante: Gerlando  Alberti  jr.,  nipote  di  Geraldo Alberti sr., detto “U paccarè”, boss della mafia siciliana (assicurato  alla  giustizia anni  prima  dal  generale  Carlo  Alberto  dalla  Chiesa) e suo cugino, Geraldo  Sutera, anche lui uomo ricercato perché accusato di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Quella agenda era una raccolta di nomi e contatti telefonici arrivata nelle mani sbagliate, soprattutto   perché Graziella aveva un fratello carabiniere, Pietro
Il  12  dicembre1985, finito di lavorare, andò ad aspettare l’autobus che l’avrebbe riportata a casa,
ma nell’attesa successe qualcosa e quella sera la ragazza non rientrò.  La corriera  arrivò  a  Saponara senza Graziella.
Dalle testimonianze si seppe che quella sera,  sotto la pioggia battente, la ragazza accettò un passaggio su un’auto da uno sconosciuto
Il corpo fu ritrovato due giorni dopo a Forte Campone, una collina tra Messina e Villafranca Tirrena, in  un  prato, trucidato da cinque colpi di lupara calibro 12 sparati da non più di due metri di distanza.
Aveva solo 17 anni. La sua unica colpa era quella di essere stata testimone involontaria della  scoperta di una falsa identità di un latitante. Conla  sua uccisione la mafia dimostra di uccidere senza guardare in faccia nessuno, di non  avere  più,  come si  diceva  un  tempo, codici  d’onore e regole per cui non si uccidevano donne e bambini.
Ci vorranno tre anni perché Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, vengano rinviati a giudizio per l’omicidio di Graziella Campagna, ma sarà inutile perché il movente dell’identità smascherata del boss non verrà ritenuto plausibile per il delitto.
Finalmente nel 2009 Alberti e il suo attendente tornano sul banco degli imputati e vengono condannati all’ergastolo in Cassazione, a oltre dieci anni dal delitto.
Oggi Gerlando Alberti e il nipote sono rinchiusi in carcere.
Non è stato facile. In certi luoghi e in certi momenti storici la giustizia non è la regola, ma l’eccezione.
Kella Tribi.
				
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