Nerone a Roma.

Written By: bruno - Dic• 19•16

Carlo Celli vive nelle campagne del piacentino,nelle campagne,quelle che il Po lambisce,tanto che se ne apprezza anche l’umore dell’acqua nel silenzio in cui scorre il fiume.Verdi verdissime rive anche d’inverno con le prime brine e l’aria gelida.Carlo ha terre sue corcondate da pioppi,alti pioppi,superbi pioppi che fanno corona ad un immenso campo di rasa erba avvolta da un cielo ghiacciato grigio e perlato.Camminiamo con lui,io e Romano, fissando qua e la imperatori e sfingi,copie di cemento che il verde e il muschio nasconde quasi fossero vere.Danno un aria di finta maestà a quei luoghi, infiniti aperti viali in una città ricca di lussureggianti giardini o parchi principeschi.Una villa bianca,bianca,con tanto di timpano sale sopra le cupe siepi,villa un tempo dipinta oggi calcinata e abbagliante fra la tenue nebbia.Piccoli alti labirinti contornano un angelo senza testa anche lui bianco,candido adorno di fiorite algide ghirlande di pietra e c’è la ghiaia,tanta ghiaia lungo il viale,ghiaia grigia,ordinata pulita.Corre la lepre in fondo alla vista,corre e scompare per riapparire subito dopo al limitare del prato.Fra finte staue di Madonne e angeli, c’è anche un Nerone,la testa di un Nerone a cui fu fatta copia vile ma vera,Nerone,Nerone,una fila di neroni,tondi imponenti grassi pasciuti e fissi.Carlo Celli indicando il Nerone dice:”Nerone Nerone,e pensare che quando ci parlavano di Nerone da bambini”, e ritrae le mani mimando un gesto di orrore,spalancando gli occhi:”se ne diceva un gran male di Nerone”,poi scaricandosi, spogliandosi del gesto di orrore, come un attore consumato ripetere,mormorando fra sé e sé in un basso bisbiglio:”ce ne fossero di neroni al giorno d’oggi, ce ne fossero”.

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