Questa storia risale al 2006, diciotto anni fa. Mara Piccardi venne uccise nel letto che divideva con il marito Fabio Balducci, nella casa di Cerreto Guido dove vivevano con la figlia di otto anni.
A trovarne il corpo senza vita fu il suocero, proprio nella stanza accanto a quella dove dormiva ancora la nipotina. Strangolata si disse, ma l’autopsia fece emergere particolari irriferibili.
Suo marito venne fermato quella mattina stessa, mentre, in stato confusionale sedeva dentro la sua auto parcheggiata davanti all’azienda dove lavorava. Questi i fatti.

Ricerche effettuate anche negli archivi su Mara sono state trovate poche righe riferite al giorno dell’evento, nulla che dia conto del futuro processuale del caso, nessun articolo di commento, nessuno stigma per l’accaduto. Anzi. Fa specie leggere, dopo diciotto anni, la parola, ‘raptus’ associata a un caso di omicidio volontario.
Nessun contrasto nella coppia, si legge ancora. Come se la violenza fosse qualcosa che si può vedere da fuori, qualcosa di evidente e riconoscibile e non un morbo invisibile che si affaccia in uno sguardo preoccupato, in un paio di spalle curve, in un ‘sto bene’ pronunciato con un sorriso spento.

Kella Tribi