Robert DuBoise, nel 1983 è stato condannato ingiustamente per lo stupro e l’omicidio di una diciannovenne di Tampa, Barbara Grahm.
Venne arrestato perché si trovava nei paraggi del luogo della tragedia, il centro commerciale dove Barbara lavorava. Venne condannato molto velocemente dal Tribunale della Contea della Florida per due elementi: l’impronta di un morso sul corpo di Barbara (comparato con una metodologia obsoleta) e il DNA, che all’epoca veniva identificato esclusivamente mediante gruppo sanguigno. “Sono innocente, non ho ucciso Barbara, lasciate che i miei avvocati riesaminino le prove” ha sempre pregato dal carcere dove è stato rinchiuso in tempi molto brevi.
La famiglia non lo ha mai abbandonato e ha cercato l’aiuto dell’Innocence Project, un’organizzazione che assiste i detenuti vittime di ingiuste condanne. Dopo tanti anni di attese e delusioni, nel 2018, l’unità revisione delle condanne, istituita in quello stesso anno in America per riparare agli errori giudiziari, ha riaperto il suo caso.
Robert DuBoise è stato scagionato dal test del DNA, e finalmente, dopo quasi 40 anni passati in carcere, riconosciuto innocente. “Il tribunale ha commesso un’ingiustizia durata 37 anni” ha ammesso il giudice nell’udienza che gli ha ridato la libertà.
Quando Dubois è uscito dall’Hardee Correctional Institution di Bowling Green ad accoglierlo la madre Myra, la sorella Harriet, e l’avvocatessa Susan Friedman.
Dopo aver abbracciato sua madre, ha parlato con un gruppo di giornalisti.
“È una bella giornata”, ha detto. Ha aggiunto di non provare rancore nei confronti di coloro che sono coinvolti nella sua lunga incarcerazione. “Se mantieni l’odio e l’amarezza nel tuo cuore, non hai spazio per nient’altro”, ha detto. “Sono solo molto riconoscente a chi mi ha aiutato”.
Robert DuBoise oggi vive in un centro che aiuta i condannati innocenti a riabituarsi alla vita da uomini liberi. Sua madre e sua sorella gli stanno accanto, proprio come in tutti questi anni.
Gli assassini di Barbara non sono stati più cercati.
Kella Tribi.
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