Dopo mezzo secolo il caso di Cristina Mazzotti, la prima donna vittima di sequestro in Italia, viene riaperto. Quattro persone vanno a giudizio con l’accusa di omicidio. Si tratta di coloro che furono gli esecutori materiali del rapimento che tenne in scacco tutta in Italia nell’estate del 1975.
Era il 1° luglio, Cristina, figlia di una benestante famiglia di Eupilio (Como), rientrava dopo i festeggiamenti per il diploma. Si trovava sulla strada di casa, quando l’auto su cui viaggiava fu fermata e la ragazza prelevata a forza dai rapitori. Cinque miliardi di lire la richiesta di riscatto, una somma irraggiungibile per la pur agiata famiglia Mazzotti, che si adoperò con tutti mezzi per mettere insieme il denaro che gli avrebbe permesso di riavere l’amata figlia a casa.
Nel frattempo Cristina veniva tenuta segregata in condizioni disumane, praticamente sepolta viva in una buca nel terreno, cementata e sigillata, nei pressi di Castelletto Ticino. Due metri e mezzo di lunghezza, poco più di un metro e mezzo di profondità, niente aria, niente luce, solo un sottile tubicino di plastica le permetteva di respirare. Morì soffocata quando la famiglia aveva già versato metà del riscatto. Il suo corpo senza vita fu ritrovato un mese dopo, abbandonato in una discarica a Galliate, in provincia di Novara.
Negli anni successivi vennero condannate tredici persone per quel crimine, ma i veri responsabili, tutti esponenti di ‘ndrangheta, rimasero nell’ombra, protetti da un muro di omertà. Nel 2006 un’impronta sul parabrezza dell’auto del sequestro conducesse a uno degli esecutori materiali, Demetrio Latella, che, fermato, fece i nomi dei complici, Giuseppe Morabito, Giuseppe Calabrò e Antonio Talia. Ciononostante, il fascicolo venne archiviato nel 2011.
La fine sembrava scritta quando, dopo quasi mezzo secolo, grazie alla determinazione dell’avvocato Fabio Repici, il caso di Cristina Mazzotti è stato riaperto. Gli imputati, vecchi uomini di un’epoca di sangue e paura in cui si moriva nelle mani di avidi carcerieri improvvisati per ingrossare le finanze delle organizzazioni criminali, oggi sono tutti ultrasettantenni.
Ma non sarà certo il tempo passato, ad assolverli.
Kella Tribi.
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