È il 21 ottobre 2019 e Samira El Attar sparisce nel nulla. Accompagna la figlioletta a scuola, in centro a Stanghella, e ritorna a casa in sella alla sua inseparabile bicicletta. È metà mattina quando percorre lo sterrato di via Statale che la porta all’abitazione. La donna fa in tempo a incontrare i vicini di casa, che le danno alcuni vestiti per la figlia e a cui spiega che di lì a poco avrebbe raggiunto una persona per un possibile lavoro.
Samira sparisce nel nulla e con lei spariscono pure telefono cellulare e bicicletta. Le ipotesi che si aprono nei primi giorni sono le più ampie: un incidente mentre la donna è in bici, forse un investimento; una “fuga” della donna dai famigliari in Marocco, o chissà verso quale meta; un rapimento, probabilmente con matrice religiosa. Ma tutte le piste cadono in breve tempo: non ci sono segni di incidente, il corpo di Samira non si trova lungo le principali vie tra Stanghella e Solesino, la mamma mai avrebbe lasciato sola la figlia che peraltro aveva problemi di salute e poi mai le abitudini “occidentali” di Samira avevano creato problemi alla comunità musulmana locale.
Si cominciano a setacciare i corsi d’acqua della Bassa padovana, fiume Gorzone in primis, e si passano al vaglio tutti i casolari della zona e si fa largo quella che poi diventerà la traccia accusatoria principale: e cioè che in questo caso c’entri evidentemente il marito Mohamed, la cui gelosia verso la moglie è ben nota ed è chiaramente emersa sia durante le indagini che nel corso del processo, ma l’accusa è riuscita a individuare prove ritenute schiaccianti che hanno portato all’arresto del 50enne. La figlia della coppia, rimasta senza madre, è stata ora affidata alle cure della nonna Malika, arrivata in Italia due mesi dopo l’omicidio per occuparsi della bimba e seguire le indagini.
Confermato l’ergastolo per Mohamed Barbri. Secondo la Corte d’Assise d’appello di Venezia, l’uomo è responsabile dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere che non è mai stato ritrovato. Secondo l’accusa sono altre le prove schiaccianti raccolte nel corso delle indagini. Ad accogliere con soddisfazione la sentenza, mamma Malika, che dal 2019 aspetta di sapere dove sia il corpo di Samira. “Sono soddisfatta per la sentenza, ma voglio che Barbri mi dica dove è il corpo di mia figlia” ha fatto sapere tramite i legali “Giustizia è stata fatta, ma adesso voglio dare una degna sepoltura a mia figlia”.
Kella Tribi
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