In data 8 ottobre 2016, Lucia Perez, sedici anni, studentessa di quinta superiore di una famiglia di modesta estrazione sociale, finisce al pronto soccorso dell’ospedale di Mar del Plata, a pochi chilometri da Buenos Aires. E’ stata abbandonata all’ingresso dell’ospedale da due sconosciuti che mormorano di ‘overdose’, muore pochi istanti dopo i tentativi di rianimazione. I medici “un’altra tossicodipendente sbandata”., ma l’esame medico legale porta alla luce una fine molto diversa: Lucia è stata drogata, stuprata brutalmente, torturata con un oggetto contundente nel retto che ne ha causato la morte. Prima di trasportarla in ospedale i suoi carnefici l’hanno lavata dal sangue, le hanno messo degli abiti puliti e l’hanno scaricata davanti all’ospedale.
In Argentina si scatena immediata la reazione della rete per i diritti delle donne che porta al primo sciopero generale femminile del Paese e a una serie di manifestazioni contro la violenza patriarcale. Anche processualmente il caso sembra semplice, ci sono tutti gli elementi per ipotizzare l’omicidio come conseguenza della violenza sessuale a carico di due imputati: il 23enne Matías Farías, e il 41enne Juan Pablo Offidani. Un terzo sospettato, Alejandro Alberto Masiel, viene accusato solo di favoreggiamento.
In data 28 novembre 2019 i giudici di Mar del Plata hanno assolto dall’accusa di omicidio e stupro i tre imputati, ritenuti responsabili solo per il reato che riguarda lo stupefacente.
Lucia Perez, seviziata e uccisa con un palo a 16 anni: per i giudici era consenziente
L’assoluzione ha sconvolto l’opinione pubblica di tutto il mondo, suscitando la protesta dei movimenti femministi
Kella Tribi
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