Cascate di glicini come bimbi affacciati a un’eterna primavera e muri di maschio impenetrabile e pietra. Fiumi di edere dolenti come onde di un antico mare, nuove foglie di speranza tenace e pioggia in un mare che affonda nei ricordi, fino alle profondità vibranti di acqua mossa di abissale vita. Ecco piangere il tempo nostro primo colmo di fame atavica e mancanza. Colmo del mistero in eterno ripetuto.
Francesca Pierucci
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