Vuoti suonano i passi là, vicino al mare, e soffici le foglie mi fanno morbido l’incedere verso il nulla che pavento. O verso i tramonti di rosa bagnata che inondarono i miei occhi alla ricerca di un mistero svelato, quello che unisce corpi e anime per affondare nel nulla che li attende. Un torvo buio ove tutto è perduto, anche le stelle, nulla pulsa, tutto è rotolato come palle di sterpi in campagna sotto il vento furibondo. Furibondo il tempo ci cancella, le nostre lievi speranze e i respiri con cui venimmo al mondo. Furibondo il sole secca l’aria a dire del tempo andato sotto le due lance. La pietà è nel canto nuovo degli uccelli, sonori come il mare nell’ora della sera. E il tramonto di miele rosa ancora bacia i miei tormenti per farne nuovi fiori al mio mattino.
Francesca Pierucci
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