L’assassino di Eliza Stefania Feru, Daniele Bordicchia, guarda giurata, suo marito da appena 8 mesi, le ha sparato e poi si è tolto la vita con la stessa arma, la sua pistola d’ordinanza. Ecco, in questi casi l’orrore si ferma e si cristallizza. L’uomo violento da perseguire non c’è più, niente indagini che si protraggono nel tempo, niente processi da raccontare. L’orrore si compie e si chiude, e sull’omicida-suicida cala una sorta di sospensione del giudizio che, alla fine, uccide due volte: come è stato possibile? Sembrava un bravo ragazzo…
Nell’immediato del giorno dopo i cronisti provano a ricostruire le due vite alla ricerca di una spiegazione: «I vicini parlano di crisi coniugale» … «I colleghi di lui non si erano accorti di nulla»…«Pare lei se ne fosse andata, poi era tornata per le Feste»…«Lui comunque era sempre gentile»… «Da bambini lui ed io giocavamo insieme»… «Litigi? Mai sentiti, ma chissà». Si raccolgono solo frammenti. Che non spiegano. Anzi, ci portano fuori strada. Perché una spiegazione non c’è. O meglio è sempre quella che si fatica ad accettare: il bravo ragazzo che inspiegabilmente perde la testa non è mai esistito. Ma esiste, da sempre, un clima culturale di prevaricazione in cui il bravo ragazzo cresce e si fa uomo.
Nel frattempo i vicini continueranno a pensare che la sposina della porta accanto magari è solo un po’ timida e comunque i rapporti tra lei e suo marito sono fatti loro.
Nel frattempo i politici continueranno a pensare che l’unica via per prevenire la violenza sia inasprire le pene.
Nel frattempo molto bravi ragazzi cresceranno e diventeranno adulti nella convinzione solida che le ragazze “sono roba loro” perché l’educazione sessuale e sentimentale nelle scuole… sia mai! Ci pensino le famiglie.
Kella Tribi
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