Quindici anni, un giorno di scuola, lo zaino, il cellulare, il lucidalabbra. Quel 20 settembre 2017, Nicolina Pacini era uscita di casa con la mente immersa nella giornata che sarebbe stata. Camminava spedita, un passo dopo l’altro, sulle scalette che scendevano da casa dei nonni a Ischitella. Era lì che viveva con suo fratello, nel paese natale di sua madre, che invece se n’era andata dopo i conflitti con l’ex. Viveva a Viareggio, ora, e anche il suo papà era lontano. Nicolina, però, non ci poteva fare niente, quelle erano cose da adulti e del resto nessuno chiedeva mai la sua opinione. Tutto a un tratto, mentre camminava era comparso lui. Antonio Di Paola, ex di sua madre Donatella, le si era parato davanti, stretta in pugno una pistola semiautomatica. Ed era diventato tutto buio. Nicolina era finita a terra, poi su una lettiga, infine in un letto d’ospedale. Era già lontana da se stessa e da tutto il suo mondo, già altrove, quando il suo cuore aveva battuto per l’ultima volta. Poi si era arreso. Niente palpiti d’amore, niente farfalle nello stomaco, niente scoperte, esperienze, niente lezioni da imparare, nessuna vita da vivere per Nicolina. Il futuro era finito con quel proiettile calibro 22. I suoi giorni, finiti lì, in una mattina di settembre come un’altra, all’alba di un giorno che non avrebbe vissuto. Antonio Di Paola si sarebbe ucciso poco dopo averla ammazzata. Quella notte aveva minacciato sua madre per l’ennesima volta: “Non vuoi mettere pace – le aveva scritto – io sono pronto”. Nicolina, no, non era pronta. Ma tanto nessuno chiedeva mai la sua opinione.
Kella Tribi
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