Chiara Bariffi è una giovane fotografa professionista. Dopo un periodo passato a studiare l’inglese nel Regno Unito è tornata a casa a Bellano, in provincia di Lecco. È una ragazza introversa e si fa aiutare da uno psicoterapeuta, il dottor Magni, a gestire alcuni aspetti della sua vita. La notte tra il 30 novembre e il 1° dicembre 2002 esce con alcuni amici a festeggiare. L’indomani inaugura una mostra personale, per lei è un gran giorno. Quella notte piove a dirotto su Dervio, dove è andata a festeggiare in un bar, e in paese si è scatenata un’alluvione. Chiara ha un auto solida, una jeep bordeaux e non è sola, è in compagnia degli amici. All’alba dell’indomani la pioggia è cessata e si fa la conta dei danni dell’alluvione. Chiara e la sua jeep però sono spariti. La giovane fotografa resta una ragazza scomparsa per tre lunghi anni, quando dagli abissi del lago di Como, a oltre cento metri di profondità, in quello che chiamano ‘il buco dell’oca’, una specie di vortice che risucchia qualunque cosa, riemerge la sua jeep, tutta ammaccata. Sul sedile del guidatore c’è il suo cadavere. L’auto, benché danneggiata, non ha subito un impatto, gli airbag non si sono aperti, le chiavi sono inserite, il cambio è in folle. Il cerchio si stringe intorno agli amici, alle serate a base di alcol ed eccessi. Che Chiara sia stata colta da malore? Che l’abbiano spinta giù in acqua nella sua stessa auto, credendola morta? Già, perché Chiara – nessun segno di violenza sul suo corpo – è morta per annegamento, lo dice l’autopsia.
Gli amici vengono indagati per sottrazione di persona incapace e alla fine uno di loro finisce a processo per omicidio in concorso con ignoti. Contro l’imputato, che in aula sceglierà di mantenere il silenzio di fronte al giudice, ci sono alcune testimonianze deboli, farraginose.
Viene assolto per non aver commesso il fatto. Prosciolto l’unico imputato, il caso viene archiviato. Dopo 18 anni, a gettare nuova luce sul caso arriva un libro che respinge con forza la tesi del suicidio e ribadisce che Chiara è stata uccisa.
Lo ha scritto il dottor Enrico Magni, il suo psicoterapeuta.
Il caso e riaperto.
Kella Tribi.
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