Le perle nere di Kella

Written By: bruno - Nov• 30•24

Davide Fontana, bancario di 44 anni, uccise la 26enne Carol Maltesi, fatto il corpo a pezzi, ne disperse i resti, perché si era reso conto che lei “si stava allontanando da lui”.
La Procura aveva chiesto l’ergastolo con due anni di isolamento diurno, ma i giudici non hanno riconosciuto tre delle aggravanti contestate (premeditazione, crudeltà e motivi abietti e futili) mentre hanno riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti alle residue aggravanti.
Fontana, reo confesso, aveva raccontato agli inquirenti di aver ucciso Carol Maltesi colpendola in testa con un martello e tagliandole la gola tra il 10 e l’11 gennaio del 2022 mentre giravano un filmino hard nella casa di lei, a Rescaldina, in provincia di Milano. 
Aveva poi fatto a pezzi il cadavere, tentando di dargli fuoco in un braciere. In un secondo momento il bancario aveva congelato i resti della ragazza in un frigo e poi li aveva gettati in un dirupo tra i monti bresciani, a Borno, dove erano poi stati ritrovati in quattro sacchi di plastica nel marzo del 2022. 
Carol Maltesi, madre di un figlio piccolo, lavorava come commessa in un negozio di profumi, poi si era avvicinata al mondo del porno a pagamento
Nelle motivazioni della sentenza si legge che l’uomo aveva capito che Carol voleva lasciare la provincia di Varese per trasferirsi tra l’Est Europa e la zona di Verona, dove abita il figlio di 6 anni. 
L’idea di perdere i contatti stabili con colei che egli amava perdutamente, da cui sostanzialmente dipendeva poiché gli aveva permesso di vincere la solitudine in cui si consumava in precedenza, si è rivelata insopportabile
Secondo i giudici, che hanno escluso l’aggravante dei motivi abietti, “Fontana si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio cercare i propri interessi personali e professionali”. E ciò, insieme alla “consapevolezza di aver perso la donna amata, ne aveva scatenato la furia omicida.
Un movente che “non può essere considerato abietto o futile in senso tecnico-giuridico”, sostengono i giudici, escludendo anche la premeditazione: il femminicidio “fu conseguenza di condotta voluta dall’imputato sorretta da dolo diretto se non da dolo intenzionale, ma non fu conseguenza di premeditazione”. All’appello i giudici hanno riconosciuto l’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, crudeltà, distruzione e occultamento del cadavere, condannandolo in via definitiva all’ergastolo.

Kella Tribi.

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