Le perle nere di Kella.

Written By: bruno - Giu• 04•22

L’ingegnere Joseph Fritzl è un criminale austriaco ad oggi rinchiuso nel carcere per omicidio,sequestro di persona, abusi sessuali, occultamento di cadavere, riduzione in schiavitù, stupro, coercizione, incesto e altri capi d’accusa. L’uomo tenne prigioniera la figlia sedicenne per 24 anni nella cantina della propria abitazione, trasformata da lui stesso in bunker, stuprandola continuativamente, ed avendo da lei 7 figli.
La ragazza non venne cercata dalle autorità perché aveva già tentato la fuga più di una volta, e le venne imposto dal padre aguzzino di scrivere di proprio pugno una lettera d’addio
Uno dei figli della ragazza morì dopo soli tre giorni, mentre gli altri 3 furono adottati dal padre/nonno e dalla moglie di questi, spacciandoli per i figli abbandonati della figlia scappata di casa. Gli ultimi tre bambini furono invece tenuti all’interno della cantina del terrore, costretti a non vedere mai la luce del sole.
Furono ben due le persone che vissero la vicenda da molto vicino: la moglie dell’uomo, che all’apparenza era ignara di tutto e le veniva ordinato di non avvicinarsi alla cantina, e un affittuario che abitava al piano terreno dell’abitazione, che occupò per ben 12 anni. L’aguzzino venne costretto dalle condizioni di salute della figlia maggiore Kerstin, che stavano portando la ragazza, ormai diciottenne, alla morte, a liberare i suoi parenti dal bunker, facendo insospettire i medici e chiamando quindi la polizia, che scoprì quindi l’incredibile segreto di casa Fritz
La casa di Ybbstrasse è stata liquidata dopo la condanna di Fritzl e l’accesso alla cantina, murato per sempre. Oggi Josef Fritzl è recluso in un reparto psichiatrico nel carcere di di Garsten Abbey, in Austria.
Vive in isolamento e sta scivolando nella demenza. Trascorre gran parte del tempo guardando la tv. Di tanto in tanto sente le urla e gli insulti a lui rivolti dagli altri prigionieri. All’inizio della prigionia, tra il 2009 e il 2010, inviava alla figlia Elizabeth lettere patetiche nelle quali chiedeva perdono

Kella Tribi.

You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.

Lascia un commento