Le perle nere di Kella

Written By: bruno - Ago• 14•21

Hina Saleem era arrivata in Italia adolescente per unirsi alla famiglia che dal Pakistan si era trasferita a Sarezzo in provincia di Brescia. Aveva imparato subito la lingua, si era fatta degli amici, aveva maturato una sua indipendenza che, però, a casa non vedevano bene.
Hina non voleva indossare gli abiti tradizionali, voleva vestirsi all’occidentale, all’italiana, che in quegli anni, i Duemila, equivaleva allo stile di Britney Spears e altre popostar.
Si era trovata un ragazzo italiano, Giuseppe Tempini, un operaio che le aveva promesso di portarla a vivere con lui, per ricominciare.
Sì, perché, Hina aveva denunciato il padre, Mohammed Saleem, per abusi e maltrattamenti, salvo poi ritrattare in vista del processo perché non se la sentiva di far condannare suo padre. Però viverci insieme no, quello no. Così era andata a convivere col fidanzato e si era trovata un lavoro in pizzeria. Finalmente era felice.
Un giorno, mentre la maggior parte della famiglia era in Pakistan per una vacanza, suo padre l’aveva richiamata a casa chiedendole di salutare un parente. Una volta arrivata ad aspettarla c’era il clan maschile della famiglia, padre, zio e cognati, armati di coltello. Non ha avuto scampo.
L’hanno sepolta in giardino con la testa rivolta verso La Mecca, e coi segni di quelle 28 coltellate al volto e al collo. E nessuno l’avrebbe cercata se il fidanzato non si fosse precipitato nella casa del delitto scoprendo l’orto fresco di sepoltura.
Era il 2006, gli assassini sono stati condannati: il padre a 30 anni, i cognati a 17 anni e lo zio a 2 anni e 8 mesi. Di Hina oggi resta una tomba spoglia e senza foto in un cimitero in provincia di Brescia.
Suo fratello minore oggi è il capofamiglia. Non difende il padre ma lo ha “perdonato”, come tutta la famiglia. “È stato solo un gesto d’ira”, ripete.

Kella Tribi

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