Le perle nere di Kella

Written By: bruno - Dic• 30•20

Villafranca d’Asti è un paesino dai tratti medievali, di poche migliaia di anime a quaranta chilometri da Torino. È la notte del 16 dicembre 1968 quella in cui nel paesello piemontese succede per la prima volta qualcosa che lo eleva all’onore delle cronache. Da un casolare dove era ospite degli zii, una ragazzina di tredici anni, Maria Teresa Novara, è scomparsa. In casa viene trovato un biglietto in cui si legge che è andata via da sola, di sua volontà.
I genitori dell’adolescente sono sorpresi, non aveva un fidanzato, non aveva un pretendente, era ancora una bambina. In casa, peraltro, ci sono segni di effrazione. E se qualcuno fosse entrato per rubare e non avendo trovato quello che cercava, avesse rapito la ragazzina, per chiedere un riscatto? I giorni passano, ma nessuno si mette in contatto con la famiglia Novara.
Nel frattempo, in un seminterrato sudicio non lontano da quel casolare, Maria Teresa viene tenuta incatenata a un letto. Quelli che l’hanno rapita non sono altro che due topi d’appartamento abituati a furti e rapine, ma per lei hanno avviato un nuovo business: quello della pedofilia. Uomini di ogni sorta, anche notabili del paese scendono in quello scantinato per abusare di Maria Teresa. Va avanti così per settimane fino a quando, sorpresi a rubare, i due carcerieri non vengono acciuffati. Per sfuggire all’arresto si lanciano nel Po, uno affoga, l’altro sopravvive e viene portato via in manette. Si guarda bene dal parlare di Maria Teresa. Nel frattempo, qualcuno ha turato le prese d’aria del nascondiglio per eliminare, con la vittima, anche le prove del reato. È lì che, durante una perquisizione della polizia, viene ritrovata morta.
Accanto a lei un biglietto: “Sono Maria Teresa Novara, voglio essere riportata nel paese dei miei genitori”.
Dopo la morte della tredicenne Maria Teresa, invece di onorare la sua memoria, i giornali la descrivono come una ragazza, perduta, fuggita da casa e datasi, di sua volontà, alla prostituzione.
Luciano Russo, il suo carceriere accusato di omicidio, viene prima assolto per insufficienza di prove e poi condannato a 14 anni di reclusione.

Kella Tribi.

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