Uno stridulo canto di uccello piccino, volto al cielo denso di mistero notturno, è il mio. Gettato nell’arena delle reti celesti che chiudono il volo, sento gli infiniti vuoti e le mancate risposte che intrecciano la ghirlanda che conduce il nostro cammino, ove il silenzio urla alle orecchie stanche. Ma nessun silenzio dura a lungo. I tramonti incalzano lievi gli occhi umidi, gli alberi fruscianti al vento della sera sussurrano parole dolci e la notte dipinge nere tavole colme di luci pulsanti. Tutto è. Tutto pervade la pelle e finché avremo un giorno a portare innanzi la nostra falcata monotona e nuova, i nodi nella secca gola si scioglieranno allo stupore del sole che muore.
Francesca Pierucci.
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