Una citta’.

Written By: bruno - Dic• 24•14

Nella citta’ ,in quella citta’,ancora erano i fratelli e parenti dei preti,preti che comandavano,da tanto tempo, attraverso il loro parentado da sempre,con incarichi e onori ,normalmente  e come sempre immeritati e mal distribuiti,questo,come tanti, tanti anni prima.I ricchi si erano associati,associati, per fare i loro affari in virtù’ del loro denaro, riunendosi in piccoli scelti circoli riservati,così’ tutto continuava,così’ tutto,poteva continuare,in quella citta’  come nei bei tempi andati e mai passati.Nessun cambiamento era avvenuto in citta’,niente, da tanto tempo.Chi ben viveva ,perseverava,ed aveva giustamente perseverato nel suo bene di   vivere,e chi, veniva dalla miseria,presto si era arricchito come tribuno  difensore della povertà’, dandosi così’ anche lui al ben vivere e al ben godere,godere,come quelli che da sempre,fortuna permettendo, avevano ben vissuto.non c’era nulla di strano  .Tuttavia,nonostante questo incantesimo,tutto vi appariva nuovo,industrioso e  laborioso.Eppure,eppure la citta’,viveva sprofondata come in  un invisibile sonno letargico da cui,non si era mai,e lo confermo,mai svegliata,né desiderava risvegliarsi .Oh si’, presto,quanto prima, i cittadini e signori di citta’,si dichiaravano pronti a nuove meravigliose imprese,ma, lo dichiaravano come per farsi coraggio, ad ogni inizio dell’ anno o, ad ogni cambiar di stagione.Promettevano,proclamavano meravigliose attività’ d’ingegno e  commercio, per il bene della citta’ ovviamente,della loro citta’,citta’  mai risvegliata ,citta’ dormiente, che  desiderava solo dormire,dormire antichi e profondi sonni,mai minacciata da incubi o risvegli improvvisi.In quella citta’  la superficialità’ regnava disinteressata e indifferente,regnava, come “statalizzata”,al servizio del “bene” comune.Vi allignava anche la leggerezza,rassicurante gesto benevolo,omaggio verso uno strano “nuovo”,  rigidamente  conformistico ,  copia- conforme, a “moderni” tempi o tempi moderni.Nuovo, che si poteva accettare per mero conformismo ,con  semplice cenno del capo ,senza tanti conflitti o  smorfie ,tanto,alla fine, ognuno ,correva a seppellirsi sotto  riscaldate coperte di tranquillità’ rigorosamente cittadine.In fondo,quella citta’ non era odiosa,no’,non era odiosa,né malvagia,era semplicemente come il ronzio cupo e sordo di un fuco alato,fuco che sale,vola, ostinato,verso un punto  invisibile del cielo, vola,per poi ,lassu’ ,fatalmente morire.Poteva e potrebbe essere una citta’ di legno o di figurine in forma semipregiata,citta’ di bambole , case palazzi,illuminati la sera, abitata da abitanti di balsa che svolgono le loro attività’ corporali ,con perfetto sincronismo e rappacificata coscienza,insomma, una citta’,la citta’, nel giorno della Vigilia di Natale con qualche albero pieno di stelle.

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