Le perle nere di Kella.

Written By: bruno - Nov• 26•19

La bella 35enne americana Ashley Olsen era venuta in Italia per trascorrere un po’ di tempo accanto al padre, commerciante d’arte di Firenze. La sera del delitto il 9 gennaio 2016 la donna, dopo aver trascorso una lunga serata con le amiche, ha un appuntamento con un uomo, il 27enne senegalese Cheik Diaw col quale, come rivela l’autopsia, consuma un rapporto sessuale consenziente. Poi, la strage; probabilmente una richiesta erotica non soddisfatta oppure uno sfogo di rabbia da parte dell’uomo che non lascia il tempo alla giovane di reagire. Il senegalese prima spintona violentemente l’americana, poi la strangola uccidendola L’americana viene trovata cadavere il 9 gennaio del 2016, dal fidanzato, il pittore Federico Fiorentini, nel suo appartamentino di via Santa Monaca, in Santo Spirito. L’indagine della squadra mobile ha ricostruito che Ashley e Diaw si conobbero quella sera stessa nel locale notturno Montecarla e alle ore 6 decisero di avviarsi a piedi a casa di lei per concludere assieme la serata. Contro Cheik, prove granitiche: il dna su un profilattico e cicche di sigarette rinvenute nel bagno del monolocale Cheik Diaw, confessa e ammette che la donna voleva cacciarlo fuori dall’appartamento, perché temeva l’arrivo del fidanzato La sentenza della corte d’appello tuttavia non chiude ancora la partita: la difesa del senegalese tenterà l’ultima carta, con il ricorso in Cassazione. «Diaw è rimasto per due ore nell’appartamento dove aveva ucciso una donna, senza neppure provare a cancellare le proprie tracce e, al tempo, aumentando il rischio di essere trovato da qualcuno sul luogo del delitto. Evidentemente – concludono i giudici – si è trattato di un momento di smarrimento totale del giovane, nel quale egli non ha saputo o potuto far ricorso a ragionamenti razionali». Ma la Corte di Cassazione conferma la condanna a 30 anni per omicidio volontario a carico di Cheik Diaw per la morte dell’americana Ashley Olsen, trovata strangolata in casa a Firenze il 9 gennaio 2016 Cheik Diaw ha assistito a tutta l’udienza del processo di appello fino alla lettura del dispositivo rimanendo in aula, seduto accanto ai suoi difensori e all’interprete, quindi, dopo aver appreso della conferma della condanna e aver salutato i difensori, e senza commentare è uscito scortato dagli agenti della polizia penitenziaria, che lo hanno ricondotto in carcere. Il padre della ragazza: «Sono contento. Sono felice di questa sentenza che conferma la condanna del responsabile dell’omicidio di mia figlia. Su Ashley sono state dette bruttissime cose, era una ragazza bellissima e buona che l’assassino ha tolto alla famiglia e al suo ambiente. Ashley non se l’era cercata, come è stato detto, sono orgoglioso di lei».

Kella Tribi

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